domenica 24 settembre 2017

Montale - altre poesie (1)

Spesso il male di vivere (1916)

Spesso il male di vivere ho incontrato
era il rivo strozzato che gorgoglia
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.


Riviere (1920)

Riviere,
bastano pochi stocchi d'erbaspada
penduli da un ciglione
sul delirio del mare;
o due camelie pallide
nei giardini deserti,
e un eucalipto biondo che si tuffi
tra sfrusci e pazzi voli
nella luce;
ed ecco che in un attimo
invisibili fili a me si asserpano,
farfalla in una ragna
di fremiti d'olivi, di sguardi di girasoli.

Dolce cattività, oggi, riviere
di chi s'arrende per poco
come a rivivere un antico gioco
non mai dimenticato.
Rammento l'acre filtro che porgeste
allo smarrito adolescente, o rive:
nelle chiare mattine si fondevano
dorsi di colli e ciello; sulla rena
dei lidi era un risucchio ampio, un eguale
fremer di vite
una febbre del mondo; ed ogni cosa
in se stessa pareva consumarsi.

Oh allora sballottati
come l'osso di seppia dalle ondate
svanire a poco a poco;
diventare
un albero rugoso od una pietra
levigata dal mare; nei colori
fondersi dei tramonti; sparir carne
per spicciare sorgente ebbra di sole,
dal sole divorata...
                            Erano questi,
riviere, i voti del fanciullo antico
che accanto ad una rósa balaustrata
lentamente moriva sorridendo.

Quanto, marine, queste fredde luci
parlano a chi straziato vi fuggiva.
Lame d'acqua scoprentisi tra varchi
di labili ramure; rocce brune
tra spumeggi; frecciare di rondoni
vagabondi...
                         Ah, potevo
credervi un giorno o terre,
bellezze funerarie, auree cornici
all'agonia d'ogni essere.
                                      Oggi torno
a voi più forte, o è inganno, ben che il cuore
par sciogliersi in ricordi lieti - e atroci.
Triste anima passata
e tu volontà nuova che mi chiami,
tempo è forse d'unirvi
in un porto sereno di saggezza.
Ed un giorno sarà ancora l'invito
di voci d'oro, di lusinghe audaci,
anima mia non più divisa. Pensa:
cangiare in inno l'elegia; rifarsi;
non mancar più.
                         Potere
simili a questi rami
ieri scarniti e nudi ed oggi pieni
di fremiti e di linfe,
sentire
noi pur domani tra i profumi e i venti
un riaffluir di sogni, un urger folle
di voci verso un esito; e nel sole
che v'investe, riviere,
rifiorire!


Casa sul mare (1925)

ll viaggio finisce qui:
nelle cure meschine che dividono
l’anima che non sa più dare un grido.
Ora i minuti sono eguali e fissi
come i giri di ruota della pompa.
Un giro: un salir d’acqua che rimbomba.
Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio.

Il viaggio finisce a questa spiaggia
che tentano gli assidui e lenti flussi.
Nulla disvela se non pigri fumi
la marina che tramano di conche
i soffi leni: ed è raro che appaia
nella bonaccia muta
tra l’isole dell’aria migrabonde
la Corsica dorsuta o la Capraia.

Tu chiedi se così tutto vanisce
in questa poca nebbia di memorie;
se nell’ora che torpe o nel sospiro
del frangente si compie ogni destino.
Vorrei dirti che no, che ti s’appressa
l’ora che passerai di là dal tempo;
forse solo chi vuole s’infinita,
e questo tu potrai, chissà, non io.
Penso che per i più non sia salvezza,
ma taluno sovverta ogni disegno,
passi il varco, qual volle si ritrovi.
Vorrei prima di cedere segnarti
codesta via di fuga
labile come nei sommossi campi
del mare spuma o ruga.
Ti dono anche l’avara mia speranza.
A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla:
l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.

Il cammino finisce a queste prode
che rode la marea col moto alterno.
Il tuo cuore vicino che non m’ode
salpa già forse per l’eterno.

martedì 19 settembre 2017

14. La repubblica romana dal II al I sec. a.C.

14.1 Roma dopo le Guerre Puniche

Una fase di transizione: Nell’arco di un secolo Roma era divenuta una potenza dominatrice, mentre alla sua base rimaneva ancora l’antica nobiltà patrizia, fondata sulla grande proprietà terriera.
La dimensione e importanza assunte e l’incontro con le civiltà orientali (soprattutto greca) produssero un rapido mutamento. La società si divise dunque tra i tradizionalisti: conservatori del sistema di valori e regole degli antichi e quelli aperti al confronto con altre culture. I tradizionalisti guardavano con sospetto alla cultura greca che invece gli altri ammiravano come occasione per Roma di divenire un impero universale.

La cultura greca a Roma: L’immigrazione di insegnanti e filosofi greci accelerò il processo di ellenizzazione. Importanti furono anche le scuole di greco (lingua internazionale utile ai Romani per governare).
Catone il censore ostacolò questo processo, visto come tradimento e indebolimento dello spirito romano
Il circolo degli Scipioni lo favorì

Verso una nuova società: Il contatto col mondo greco portò un mutamento dei costumi:
- da vita austera e sobria e vita sfarzosa e lussuosa (gioielli, abiti ricercati, case lussuose, studi in Grecia o precettori greci)
- diminuzione autorità patriarcale e liberazione ruolo della donna.
- diffusione divertimenti come i giochi dei gladiatori o delle belve.
- nuove religioni, come i riti dionisiaci, poi vietati.

La scomparsa della piccola proprietà terriera: le guerre portarono forti squilibri economici che produssero forti tensioni sociali:
- scomparsa dei piccoli proprietari: le ripetute guerre avevano allontanato i soldati-contadini, che al rientro avevano trovato i terreni inariditi e la concorrenza di prodotti provenienti dalle province e dalle grandi proprietà degli aristocratici, senza poter piantare colture specializzate. Cercarono di vendere le terre a grandi proprietari da cui farsi assumere come salariati. Quelli però preferivano la manodopera degli schiavi più conveniente.

La nascita del proletariato e l’ascesa del ceto dei cavalieri:
- i contadini impoveriti si riversarono in Roma costituendo una massa disoccupata di proletari che il governo blandiva con donazioni di grano e giochi del circo, ma che divennero masse manipolabili da uomini politici o famiglie aristocratiche.
- ci fu la rapida ascesa dei cavalieri: la prima classe dei centuriati; costoro si erano dedicati al commercio (superando i divieti imposti a i senatori) e accaparrate le opere pubbliche e la riscossione delle tasse che il governo non riusciva a gestire, traendone fonte di enormi guadagni.

L’aristocrazia e il sistema della villae:
- gli aristocratici invece avevano ampliato i propri terreni, grazie all’impoverimento dei contadini, riempiendoli di schiavi che consentivano una produzione agricola a bassi costi. Molti aristocratici si trasferirono in città abitando in palazzi lussuosi e godendo di agi e ricchezze, oppure resero le loro dimore in campagna (le villae) aziende agricole destinate alla produzione di beni da vendere (non più grano, ma i più redditizi olio e vino).

14.2 Gli schiavi, le tensioni sociali e le prime rivolte

Una “nuova” società schiavistica: Nel tempo la schiavitù a Roma si era trasformata nella quantità e qualità. Se prima gli schiavi erano un gruppo limitato e nella famiglia patriarcale non avevano diritti, ma godevano di rispetto e considerazione (svolgevano gli stessi compiti dei figli), con l’ampliarsi del dominio romano aumentò l’afflusso di schiavi e questi furono trattati come strumenti di lavoro nelle tenute agricole, su cui il padrone aveva potere di vita e di morte. Godevano di migliori condizioni quelli destinati al lavoro domestico o impiegati nelle attività commerciali. Si era aperto un fiorente mercato di schiavi in tutto il Mediterraneo. C’erano anche schiavi pubblici, cioè dello Stato che lavoravano in miniere, cave, alle opere pubbliche.

Le prime rivolte: Scoppiarono rivolte in cui schiavi si davano alla macchia e al brigantaggio, minacciando gli abitanti sentendosi protetti dal fatto che erano patrimonio di qualche potente proprietario.
Nel 136 in Sicilia avvenne la rivolta di Euno (mago e profeta di Enna) che si estese a tutta la Sicilia. Egli diede vita ad un vero e proprio Stato, si fece chiamare Antioco, fu sconfitto nel 132.

La degenerazione della vita politica:
- disoccupati diventavano clientes delle grandi famiglie: persone che godevano benefici di varia natura e in cambio erano disposte a sostenere o farsi manovrare da esse
- corruzione nelle magistrature: le persone intraprendevano la carriera politica per diventare governatori delle province.
- scontento tra i socii italici perché non partecipavano alla distribuzione delle terre, non avevano la civitas romana (il diritto di voto), dovevano pagare tasse.
- scontento tra gli abitanti delle province, sottoposti inoltre alla vessazione degli amministratori locali.

14.3 I Gracchi e la politica delle riforme

133 Tiberio Gracco propone la riforma agraria per risolvere ingiusta povertà e mancanza esercito. La dura opposizione dei Senatori-latifondisti porta ad un braccio di ferro e a tumulti nei quali Tiberio viene ucciso.
123 Caio Gracco tenta attraverso un’alleanza con la plebe e i cavalieri di ridimensionare il potere dei latifondisti. Con leggi e provvedimenti, tra cui le leges Sempronie e la riproposizone della riforma agraria, ottiene il favore delle classi. Rieletto Tribuno propone l’estensione cittadinanza agli italici, ottenendo opposizione plebe. Non rieletto, fallisce nella tentata rivolta armata e si uccide.
Nello scontro tra Optimates e Populares (cavalieri, plebei, italici) giocano un sempre maggiore ruolo i comandanti militari e la massa urbana blandita opportunisticamente da uno o l’altro politico.
La riforma agraria di Tiberio Gracco: Intervennero in questa situazione i fratelli Tiberio e Caio Gracco, di una famiglia imparentata con gli Scipioni.
Tiberio propose una riforma agraria, mosso dall’ingiusta condizione di miseria di tanti romani, ma anche preoccupato per la perdita di forza di Roma: la scomparsa di contadini-soldati (classe più bassa dei comizi centuriati) portava alla scomparsa dell’esercito e alla formazione di una massa di proletariato urbano incontrollabile e pericolosa.
Eletto Tribuno della plebe nel 133 intendeva proporre ai concili della plebe una riforma agraria: riaffermare regola del tetto ai 500 iugeri di terreno pubblico, distribuzione delle terre recuperate in lotti da 30 iugeri. Suscitò una feroce opposizione dei latifondisti (Senatori).
Nel 132 volle farsi rieleggere tribuno (non si poteva) per sostenere l’approvazione della legge. I Senatori votarono un senatoconsulto “ultimo” (poteri ai consoli) sostenendo che Tiberio attentava al potere e nei tumulti Tiberio fu ucciso.
Il disegno politico di Caio Gracco: Nel 123 Caio Gracco eletto Tribuno della plebe, attaccò il potere dei Senatori cercando l’appoggio di tutti gli altri ceti: cavalieri, piccoli contadini, proletariato urbano attraverso leggi e interventi loro favorevoli. Assegnò ai cavalieri la riscossione dei tributi nella ricchissima Asia e con le leges Semproniae concesse anche ai cavalieri di giudicare i reati amministrativi commessi dai proconsoli (per la prima volta i senatori potevano essere giudicati dai cavalieri). Per aumentare il favore verso di sé introdusse distribuzioni gratuite di grano e ripropose la riforma agraria, ridusse potere punitivo dei capi militari, alleviò il servizio militare, costruì nuove strade e fondò colonie.
122 venne rieletto Tribuno (legge era cambiata) e cercò anche appoggio degli italici proponendo l’estensione della cittadinanza fino a loro. Questo però gli inimicò la plebe che temeva di perdere diritti e per questo nel 121 non fu rieletto. Caio tentò la rivolta armata sollevando gli schiavi, ma il Senato lo fermò ed egli si fece uccidere da uno schiavo.
Verso il I secolo a.C.: l’età dei capi militari: Sempre più la vita politica di Roma fu monopolizzata dallo scontro tra gli Optimates (poche famiglie senatorie su cui si concentrava potere e ricchezza) e i Populares (cavalieri, plebei, italici, qualche nobile illuminato). La massa del proletariato urbano oscillava tra i due partiti blandita da promesse e consolazioni temporanee. I tribuni della plebe trovarono alleanza nei comandanti militari che disponevano di potere anche nelle province e questi si sostituirono ad essi nell’agire sulla scena politica.

14.4 La crisi della Repubblica

La guerra contro la Numidia (112-105) alimenta i contrasti tra populares e optimates (sospettati di compromesso con Giugurta). I popolari ottengono l’elezione a console di Mario, homus novus, che grazie alla riforma dell’esercito e al suo valore conquista la Numidia nel 105
Mario approfittò del suo successo per sconfiggere Cimbri e Teutoni, ma finì per inimicarsi l’appoggio di cavalieri e plebe quando appoggiò la proposta di Saturnino (cittadinanza ai veterani).
Nel 91 scoppiò la Guerra Sociale per esasperazione dei socii, delusi davanti al fallimento della riforma di Druso (fallita per opposizione del Senato all’ingresso dei cavalieri)
La guerra di Giugurta e l’ascesa di Mario: In Numidia Giugurta aveva eliminato i cugini, suoi coeredi e alleati romani, per ottenere il trono. Il Senato, accusato dai cavalieri di essere stato comprato dai doni di Giugurta, fu costretto a dichiarare guerra alla Numidia. Dato che il primo console (Lucio Calpurnio Besta) stipulò una pace con Giugurta, alimentando il sospetto di essere stato corrotto, nel 109 il senato affidò la campagna a Quinto Metello accompagnato da Caio Mario, un homo novus. La guerra però perdurava alimentando il conflitto tra senato e cavalieri.
107 cavalieri e popolari fecero eleggere a console Mario. Egli decise di rafforzare l’esercito trasformandolo in volontario, ottenendo quindi l’iscrizione dei molti proletari (detti capite-censi). Grazie al rinnovato esercito, alla sua bravura, al valore dell’ufficiale Lucio Cornelio Silla, sconfisse 105 il regno di Numidia.
Lo scontro con i Cimbri e i Teutoni e il declino di Mario: Mario godeva di un forte favore e venne rieletto per 5 anni. Approfittò della posizione per combattere i Cimbri e Teutoni, germani che avevano invaso la Gallia e minacciavano l’ingresso in Italia (annientati i romani in Provenza). Mario li battè nel 102 (Teutoni ad Aquae Sextiae) e 101 (Cimbri a Campi Raudii).
Mario concedeva benefici alle classi meno abbienti e ai soldati e questo aumentò il suo contrasto con il Senato, ma gli fece perdere anche l’appoggio dei cavalieri e della plebe. Un caso esemplare fu la proposta del tribuno Saturnino, amico di Mario, di dare terreni nelle province ai veterani (tra i quali c’erano non romani), che sollevò la protesta di cavalieri e plebe. Scoppiata una rivolta Mario accettò l’incarico di reprimerla, ma così perse anche il favore dei ceti popolari.
La Guerra Sociale e il conflitto con Mitridate: Gli italici chiedevano la cittadinanza romana. Nel 91 il tribuno Marco Livio Druso ripropose l’estensione della cittadinanza a tutti gli abitanti della penisola e prima cercò il consenso dei ceti meno abbienti (che erano contrari) e dei cavalieri, proponendo la loro ammissione in Senato. L’aristocrazia però lo fece uccidere.
I socii allora si sollevarono nella “Guerra Sociale” e formarono un proprio Stato federale. La guerra molto dura fu vinta da Silla, ma intanto il Senato era stato gradualmente costretto a concedere la cittadinanza.
Intanto Mitridate VI, re del Ponto aveva iniziato una rivolta contro Roma ottenendo la guerra. L’esercito fu affidato a Silla. Siccome popolari e cavalieri facevano pressione perché l’esercito fosse tolto a Silla e dato a Mario, Silla da Nola marciò su Roma con l’esercito, costrinse Mario sconfitto alla fuga e partì per l’Oriente.
Nei quattro anni di assenza di Silla il partito di Mario si riorganizzò attorno al figlio (Mario il Giovane), alleatosi con Etruschi e Sanniti. Nell’83 Silla tornò e i due partiti che controllavano parti dell’esercito diedero vita a una terribile guerra civile. Nell’82 popolari, Etruschi e Sanniti vennero sconfitti e massacrati a Porta Collina, alle porte di Roma.

14.5. le riforme di Silla e la supremazia senatoria

Le liste di proscrizione sillane: Silla si fece nominare dittatore con incarico di ridare ordine allo stato. Suoi provvedimenti:
- Liste di proscrizione: elenchi di persone che potevano essere uccise e i cui beni venivano confiscati e venduti all’asta (comportarono massacri soprattutto verso Sanniti e cavalieri, spoliazioni, vendette personali, arricchimento di alcuni, tra cui Crasso).

Le riforme costituzionali e la “restaurazione” senatoria: Silla operò delle riforme per rafforzare il senato e rendere più stabile la vita politica:
- Senato: raddoppiato il numero (da 300 a 600).
- Magistrature (lex de magistratibus): organizzò il cursus honorum (ordine per accedere a magistrature, vincoli di età per accedervi, vincoli per ripetere mandato (10 anni), vincoli di cursus per ottenere il consolato – essere prima questori e pretori), separò il potere politico da quello militare (i consoli sempre in città, solo dopo potevano andare nelle province e governare l’esercito).
- Tribunato della plebe (lex de tribunicia potestate): leggi tribunizie sottoposte a parere preventivo e vincolante del senato.
- Comizi centuriati (lex de comitiis centuriatis): ridare forza ai comizi
- Presenza esercito: divieto di superare il “pomerio” (confine al Magra e al Rubicone)
- Tribunali: divisione di competenza dei tribunali per 6 tipologie di reato (concussione, tradimento, omicidio, falso, peculato, banda armata). Riduce la pena di morte ad esilio, esclude la possibilità ricorrere in appello, separa giustizia da polizia, introduce il principio del “nullo crimen sine lege”.
Nel 79 Silla si ritirò a vita privata e morì nel 78.

domenica 17 settembre 2017

L'unicità del linguaggio umano

"L'unicità del linguaggio umano"
incontro avvenuto al Meeting di Rimini il 23 agosto 2017
relatori: Andrea Moro, Giorgio Vallortigara, moderatore Marco Bersanelli
video dell'incontro: https://www.youtube.com/watch?v=3KHmYxkZ_p4

Introduzione di M. Bersanelli
Se c’è un tema affascinante, misterioso, semplice e al tempo stesso inesauribile è proprio quello del linguaggio umano. Non c’è in effetti un’esperienza più elementare di questa nostra capacità di usare il linguaggio, di esprimerci con la parola. Ne facciamo uso quotidianamente, ne sto facendo uso io ora. Ma dal punto di vista della ricerca scientifica quale sia la natura del linguaggio è un problema talmente profondo che forse solo oggi con molta difficoltà si sta incominciando a capire qualcosa. Ma certamente molto di più è quello che ancora non si comprende. È un tema che abbiamo già affrontato qui al Meeting altre volte e abbiamo voluto ritornare su questo argomento perché, come vedremo, è profondamente legato proprio al tema di questo Meeting. Noi tutti ci rendiamo conto che da una parte il linguaggio appare essere una prerogativa dell’uomo, del nostro essere uomini. D’altra parte ci rendiamo tutti conto anche che certi animali, in qualche maniera, in qualche misura, rudimentale fin che si vuole, comunicano senz’altro fra di loro. Oggi anche le macchine in qualche senso hanno un linguaggio, anzi sicuramente lo hanno, parliamo di linguaggi diversi con cui noi comunichiamo con le macchine e le macchine a loro volta ci danno delle risposte in qualche senso. Ma, appunto, in che senso? Addirittura oggi sappiamo che ci sono macchine che spontaneamente tendono a comunicare tra di loro. È una notizia molto recente. Sono nuove domande che emergono. Ma allora che cos’è il linguaggio umano? È soltanto una versione quantitativamente più estesa, un po’ più sofisticata del linguaggio animale in generale? Oppure una sorta di variante tra le mille possibili dello stesso tipo di linguaggio con cui le macchine possono comunicare? Oppure nell’uomo c’è un salto qualitativo che lo rende qualcosa di unico nel panorama naturale? E poi, per noi esseri umani il linguaggio è solamente un modo di comunicare o ha a che fare con la possibilità stessa del pensiero? Con la nostra capacità di riconoscere e di cercare il senso delle cose? E fino a che punto l’indagine scientifica con la sua metodologia è in grado veramente di affrontare fino in fondo e di cercare una risposta a queste domande? E a che punto diamo dal punto di vista della ricerca scientifica su questo? Ecco, a condurci al cuore di questi interrogativi oggi abbiamo due ricercatori italiani, ma che sono due ricercatori di fama internazionale: Andrea Moro e Giorgio Vallortigara.

Intervento di A. Moro: da 8’30” a 46’
1) Cosa secondo il relatore rende "unico" il linguaggio umano?
2) Individua un passaggio, una affermazione che ti ha sorpreso o interessato, oppure che ti risulta strano o poco comprensibile. Trascrivilo sul quaderno e indica a quale minuto del video si trova.

giovedì 14 settembre 2017

Lavoro su articoli di quotidiano online

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1. http://www.corriere.it/economia/17_settembre_11/scrittura-studenti-illeggibile-cambridge-esami-il-pc-ec4c0288-9662-11e7-af33-2f7ee0ee6224.shtml

2. http://www.corriere.it/scuola/ritorno-a-scuola/notizie/rimini-regole-vestirsi-scuola-ecco-perche-preside-vieto-jeans-buchi-15400cc4-98b2-11e7-b032-1edc91712826.shtml

3. http://www.ecodibergamo.it/stories/isola/polemica-sui-parcheggi-rosa-di-pontidail-dietrofront-del-comuneniente-distinzio_1254491_11/
http://www.corriere.it/caffe-gramellini/17_settembre_13/pacco-pontida-2423fc40-98b8-11e7-b032-1edc91712826.shtml