mercoledì 22 novembre 2017

L'inno d'Italia

Il 15 novembre 2017 la commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama ha approvato, in sede deliberante, il disegno di legge per l'istituzionalizzazione de "Il canto degli italiani" di Goffredo Mameli, conosciuto universalmente come "Fratelli d'Italia", a inno della Repubblica italiana. Il componimento, scritto il 10 settembre 1847 e musicato il 24 novembre dello stesso anno da Michele Novaro, venne adottato il 12 ottobre 1946 provvisoriamente come inno nazionale. Per 71 anni è rimasto un inno provvisorio, insidiato da altri brani considerati più seri, tra i quali il "Va pensiero", coro del Nabucco di Verdi.
Dal 2012 è previsto l'insegnamento dell'inno nelle scuole italiane e l'istituzione del 17 marzo quale "Giornata dell'Unità nazionale, della Costituzione, dell'inno e della bandiera" in memoria della data della proclamazione a Torino, nell'anno 1861, dell'Unità d'Italia"

«Fratelli d'Italia
L'Italia s'è desta
Dell'elmo di Scipio
S'è cinta la testa
Dov'è la Vittoria?!
Le porga la chioma
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.»

«Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi
Perché non siam Popolo
Perché siam divisi
Raccolgaci un'Unica
Bandiera una Speme
Di fonderci insieme
Già l'ora suonò.»

«Uniamoci, amiamoci
L'unione e l'amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore
Giuriamo far Libero
Il suolo natio
Uniti, per Dio,
Chi vincer ci può!?»

«Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.»

«Son giunchi che piegano
Le spade vendute
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute
Il sangue d'Italia
Il sangue Polacco
Bevé col cosacco
Ma il cor le bruciò.»

«Evviva l'Italia
Dal sonno s'è desta
Dell'elmo di Scipio
S'è cinta la testa
Dov'è la vittoria?!
Le porga la chioma
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.»

giovedì 26 ottobre 2017

Descrizione della superficie terrestre

Termini: continente, oceano, isola (arcipelago), penisola, istmo, stretto.
Strumenti: carte digitali

Planisfero




martedì 24 ottobre 2017

Montale - altre poesie (3)

Poesie tratte da "Satura" in  "La Bufera e altro"

La storia
I
La storia non si snoda
come una catena
di anelli ininterrotta.
In ogni caso
molti anelli non tengono.
La storia non contiene
il prima e il dopo,
nulla che in lei borbotti
a lento fuoco.
La storia non è prodotta
da chi la pensa e neppure
da chi la ignora. La storia
non si fa strada, si ostina,
detesta il poco a poco, non procede
né retrocede, si sposta di binario
e la sua direzione
non è nell’orario.
La storia non giustifica
e non deplora,
la storia non è intrinseca
perché è fuori.
La storia non somministra
carezze o colpi di frusta.
La storia non è magistra
di niente che ci riguardi.
Accorgersene non serve
a farla più vera e più giusta.

II
La storia non è poi
la devastante ruspa che si dice.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche
e nascondigli. C’è chi sopravvive.
La storia è anche benevola: distrugge
quanto più può: se esagerasse, certo
sarebbe meglio, ma la storia è a corto
di notizie, non compie tutte le sue vendette.

La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s’incontra l’ectoplasma
d’uno scampato e non sembra particolarmente felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n’ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono
più liberi di lui.

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Grammatica: gioco con i complementi

La sfida del complemento segreto
Scopo: 2 o più squadre (da 2 o 3 persone) si sfidano a creare frasi che contengano determinati complementi indicati su alcuni cartoncini estratti a sorte a cui corrisponde un punteggio. Chi fa più punti vince.
Spiegazione: Al via le squadre prendono dei cartoncini (2 o 3) su cui trovano indicati alcuni nomi di complementi indiretti. Ognuna di esse deve ideare e scrivere su un foglio una frase leggibile che li contenga. La squadra che consegna per prima fa partire un cronometro che lascia alla seconda squadra ancora 15 secondi. Conclusa la prova, si controllano le frasi e attribuiscono i punti. Ad ogni complemento corretto tra quelli estratti si assegna il rispettivo punteggio. La squadra che ha consegnato per prima ottiene 2 punti di bonus. Vince la squadra che ottiene il miglior punteggio complessivo in 2 manches.
Punteggi:
1 Punto: Oggetto, Specificazione, Stato in luogo, Tempo determinato
2 Punti: Termine, Partitivo, Denominazione, Agente e causa efficiente, Causa, Fine o Scopo, Mezzo o Strumento, Modo o Maniera, Compagnia, Unione, Moto a luogo, Moto da luogo, Moto per luogo, Tempo continuato
3 Punti: Predicativo del soggetto, Rapporto, Allontanamento o Separazione, Origine o Provenienza
4 Punti: Predicativo dell’oggetto
Materiale: cartoncini con scritti i nomi dei complementi.

lunedì 16 ottobre 2017

Le prove INVALSI

Cosa è l'INVALSI
È l'Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell'Istruzione, un ente di ricerca, soggetto alla vigilanza del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), che si occupa del rilevamento dell'apprendimento e dell'efficacia del percorso scolastico.

In che modo l'INVALSI valuta l'efficacia del sistema scolastico
Attraverso delle prove nazionali scritte che hanno lo scopo di valutare i livelli di apprendimento degli studenti in italiano e matematica. Vengono effettuate sugli studenti di II e V della scuola primaria, di III della secondaria si I grado, di II e V della secondaria di II grado.

Come sono fatte le prove
Le prove sono costituite da batterie di quesiti a risposta chiusa che vertono sulla comprensione del testo, la conoscenza della lingua, le conoscenze matematiche. I quesiti vengono preparati da una speciale commissione che li elabora secondo i metodi scientifici riconosciuti a livello internazionale.
Prova 2006-2007 (versione online)

Come avviene la valutazione
Le prove sono corrette secondo una griglia di risposte e analizzate approfonditamente per determinare non solo il grado complessivo di conoscenza, ma anche le aree d'Italia più o meno avanzate, il confronto con le scuole del contesto e dell'area, il confronto con i livelli degli altri stati dell'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), il livello degli studenti in base al contesto sociale, il loro progresso e l'incidenza della scuola. Affinché i dati siano attendibili le prove devono essere svolte in piena autonomia, senza alcun ausilio che le possa alterare e vengono monitorati e indagati i possibili casi di alterazione.

Prove
2006-2007 I superiore (testo) (online)
2005-2006 I superiore (testo) (online)
2004-2005 I superiore (testo) (online)

giovedì 12 ottobre 2017

Montale - altre poesie (2)

da "La bufera e altro" (1940-1954), parte quarta: Silvae

Nella serra

S'empì d'uno zampettìo
di talpe la limonaia,
brillò in un rosario di caute
gocce la falce fienaia.

S'accese sui pomi cotogni,
un punto, una cocciniglia,
si udì inalberarsi alla striglia
il poney - e poi vinse il sogno.

Rapito e leggero ero intriso
di te, la tua forma era il mio
respiro nascosto, il tuo viso
nel mio si fondeva, e l'oscuro

pensiero di Dio discendeva
sui pochi viventi, tra suoni
celesti e infantili tamburi
e globi sospesi di fulmini

su me, su te, sui limoni...

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Nel parco 

Nell'ombra della magnolia
che sempre più si restringe,
a un soffio di cerbottana
la freccia mi sfiora e si perde.

Pareva una foglia caduta
dal pioppo che a un colpo di vento
si stinge - e fors'era una mano
scorrente da lungi tra il verde.

Un riso che non m'appartiene
trapassa da fronde canute
fino al mio petto, lo scuote
un trillo che punge le vene,

e rido con te sulla ruota
deforme dell'ombra, mi allungo
disfatto di me sulle ossute
radici che sporgono e pungo

con fili di paglia il tuo viso....

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L'orto

Io non so, messaggera
che scendi, prediletta
del mio Dio (del tuo forse), se nel chiuso
dei meli lazzeruoli ove si lagnano
i lui nidaci, estenuanti a sera,
io non so se nell’orto
dove le ghiande piovono e oltre il muro
si sfioccano, aerine, le ghirlande
dei carpini che accennano
lo spumoso confine dei marosi, una vela
tra corone di scogli
sommersi e nerocupi o più lucenti
della prima stella che trapela—

io non so se il tuo piede
attutito, il cieco incubo onde cresco
alla morte dal giorno che ti vidi,
io non so se il tuo passo che fa pulsar le vene
se s’avvicina in questo intrico,
è quello che mi colse un’altra estate
prima che una folata
radente contro il picco irto del Mesco
infrangesse il mio specchio,—
io non so se la mano che mi sfiora la spalla
è la stessa che un tempo
sulla celesta rispondeva a gemiti
d’altri nidi, da un fólto ormai bruciato.

L’ora della tortura e dei lamenti
che s’abbatté sul mondo,
l’ora che tu leggevi chiara come in un libro
figgendo il duro sguardo di cristallo
bene in fondo, là dove acri tendìne
di fuliggine alzandosi su lampi
di officine celavano alla vista
l’opera di Vulcano,
il dì dell’Ira che più volte in gallo
annunciò agli spergiuri,
non ti divise, anima indivisa,
dal supplizio inumano, non ti fuse
nella caldana, cuore d’ametista.

O labbri muti, aridi dal lungo
viaggio per il sentiero fatto d’aria
che vi sostenne, o membra che distinguo
a stento dalle mie, o diti che smorzano
la sete dei morenti e i vivi infocano,
o intento che hai creato fuor della tua misura
le sfere del quadrante e che ti espandi
in tempo d’uomo, in spazio d’uomo, in furie
di dèmoni incarnati, in fronti d’angiole
precipitate a volo... Se la forza
che guida il disco di già inciso fosse
un’altra, certo il tuo destino al mio
congiunto mostrerebbe un solco solo.
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Proda di Versilia

I miei morti che prego perché preghino
per me, per i miei vivi com’io invoco
per essi non resurrezione ma
il compiersi di quella vita ch’ebbero
inesplicata e inesplicabile, oggi
più di rado discendono dagli orizzonti aperti
quando una mischia d’acque e cielo schiude
finestre ai raggi della sera, - sempre
più raro, astore celestiale, un cutter
bianco-alato li posa sulla rena.

Broli di zinnie tinte ad artificio
(nonne dal duro sòggolo le annaffiano,
chiuse lo sguardo a chi di fuorivia
non cede alle impietose loro mani
il suo male), cortili di sterpaglie
incanutite dove se entra un gatto
color frate gli vietano i rifiuti
voci irose; macerie e piatte altane
su case basse lungo un ondulato
declinare di dune e ombrelle aperte
al sole grigio, sabbia che non nutre
gli alberi sacri alla mia infanzia, il pino
selvatico, il fico e l’eucalipto.

A quell’ombre i primi anni erano folti,
gravi di miele, pur se abbandonati;
a quel rezzo anche se disteso sotto
due brandelli di crespo punteggiati
di zanzare dormivo nella stanza
d’angolo, accanto alla cucina, ancora
nottetempo o nel cuore d’una siesta
di cicale, abbagliante nel mio sonno,
travedevo oltre il muro, al lavandino,
care ombre massaggiare le murene
per respingerne in coda, e poi reciderle,
le spine; a quel perenne alto stormire
altri perduti con rastrelli e forbici
lasciavano il vivaio
dei fusti nani per i sempreverdi
bruciati e le cavane avide d’acqua.

 Anni di scogli e di orizzonti stretti
a custodire vite ancora umane
e gesti conoscibili, respiro
o anelito finale di sommersi
simili all’uomo o a lui vicini pure
nel nome: il pesce prete, il pesce rondine,
l’àstice – il lupo della nassa – che
dimentica le pinze quando Alice
gli si avvicina… e il volo da trapezio
dei topi familiari da una palma
all’altra; tempo che fu misurabile
fino a che non s’aperse questo mare
infinito, di creta e di mondiglia.
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L'anguilla

L’anguilla, la sirena
dei mari freddi che lascia il Baltico
per giungere ai nostri mari,
ai nostri estuari, ai fiumi
che risale in profondo, sotto la piena avversa,
di ramo in ramo e poi
di capello in capello, assottigliati,
sempre più addentro, sempre più nel cuore
del macigno, filtrando
tra gorielli di melma finché un giorno
una luce scoccata dai castagni
ne accende il guizzo in pozze d’acquamorta,
nei fossi che declinano
dai balzi d’Appennino alla Romagna;
l’anguilla, torcia, frusta,
freccia d’Amore in terra
che solo i nostri botri o i disseccati
ruscelli pirenaici riconducono
a paradisi di fecondazione;
l’anima verde che cerca
vita là dove solo
morde l’arsura e la desolazione,
la scintilla che dice
tutto comincia quando tutto pare
incarbonirsi, bronco seppellito;
l’iride breve, gemella
di quella che incastonano i tuoi cigli
e fai brillare intatta in mezzo ai figli
dell’uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu
non crederla sorella?
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da "Satura" (1962-1970), Xenia I

- 1 -
Caro piccolo insetto
che chiamavano mosca non so perché,
stasera quasi al buio
mentre leggevo il Deuteroisaia
sei ricomparsa accanto a me,
ma non avevi occhiali,
non potevi vedermi
né potevo io senza quel luccichio
riconoscere te nella foschia.

- 2 -
Senza occhiali né antenne,
povero insetto che ali
avevi solo nella fantasia,
una bibbia sfasciata ed anche poco
attendibile, il nero della notte,
un lampo, un tuono e poi
neppure la tempesta. Forse che
te n’eri andata così presto senza
parlare? Ma è ridicolo
pensare che tu avessi ancora labbra.

-  3 -
Al Saint James di Parigi dovrò chiedere
una camera ‘singola’. (Non amano
i clienti spaiati). E così pure
nella falsa Bisanzio del tuo albergo
veneziano; per poi cercare subito
lo sgabuzzino delle telefoniste,
le tue amiche di sempre; e ripartire,
esaurita la carica meccanica,
il desierio di riaverti, fosse
pure in uno solo gesto o un’abitudine.

- 4 -
Avevamo studiato per l’aldilà
un fischio, un segno di riconoscimento.
Mi provo a modularlo nella speranza
che tutti siamo già morti senza saperlo.

- 5 -
Non ho mai capito se io fossi
il tuo cane fedele e incimurrito
o tu lo fossi per me.
Per gli altri no, eri un insetto miope
smarrito nel blaba
dell’alta società. Erano ingenui
quei furbi e non sapevano
di essere loro il tuo zimbello:
di esser visti anche al buio e smascherati
da un tuo senso infallibile, dal tuo
radar di pipistrello.

- 6 -
Non hai pensato mai di lasciar traccia
di te scrivendo prosa o versi. E fu
il tuo incanto – e dopo la mia nausea di me.
Fu pure il mio terrore: di esser poi
ricacciato da te nel gracidante
limo dei neòteroi.

- 7 -
Pietà di sé, infinita pena e angoscia
di chi adora il quaggiù e spera e dispera
di un altro… (Chi osa dire un altro mondo?).
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
‘Strana pietà…’ (Azucena, atto secondo).

- 8 -
La tua parola così stenta e imprudente
resta la sola di cui mi appago.
Ma è mutato l’accento, altro il colore.
Mi abituerò a sentirti o a decifrarti
nel ticchettìo della telescrivente,
nel volubile fumo dei miei sigari
di Brissago.

- 9 -
Ascoltare era il solo tuo modo di vedere.
Il conto del telefono s’è ridotto a ben poco.

- 10 -
« Pregava? ». « Sì, pregava Sant’Antonio
perché fa ritrovare
gli ombrelli smarriti e altri oggetti
dal guardaroba di Sant’Ermete ».
« Per questo solo? ». «Anche per i suoi morti
e per me ».
                « È sufficiente » disse il prete.

- 11 -
Ricordare il tuo pianto (il mio era doppio)
non vale a spenger lo scoppio delle tue risate.
Erano come l’anticipo di un tuo privato
Giudizio Universale, mai accaduto purtroppo.

- 12 -
La primavera sbuca col suo passo di talpa.
Non ti sentirò più parlare di antibiotici
velenosi, del chiodo del tuo femore,
dei beni di fortuna che t’ha un occhiuto omissis
spennacchiati.

La primavera avanza con le sue nebbie grasse,
con le sue luci lunghe, le sue ore insopportabili.
Non ti sentirò più lottare col rigurgito
del tempo, dei fantasmi, dei problemi logistici
dell’Estate.

- 13 -
Tuo fratello morì giovane; tu eri
la bimba scarruffata che mi guarda
‘in posa’ nell’ovale di un ritratto.
Scrisse musiche inedite, inaudite,
oggi sepolte in un baule o andate
al màcero. Forse le riinventa
qualcuno inconsapevole, se ciò ch’è scritto è scritto.
L’amavo senza averlo mai conosciuto.
Fuori di te nessuno lo ricordava.
Non ho fatto ricerche: ora è inutile.
Dopo di te sono rimasto il solo
per cui egli è esistito. Ma è possibile,
lo sai, amare un’ombra, ombre noi stessi.

- 14 -
Dicono che la mia
sia una poesia d’inappartenenza.
Ma s’era tua era di qualcuno:
di te che non sei più forma, ma essenza.
Dicono che la poesia al suo culmine
magnifica il Tutto in fuga,
negano che la testuggine
sia più veloce del fulmine.
Tu sola sapevi che il moto
non è diverso dalla stasi,
che il vuoto è il pieno e il sereno
è la più diffusa delle nubi.
Così meglio intendo il tuo lungo viaggio
imprigionata tra le bende e i gessi.
Eppure non mi dà riposo
sapere che in uno o in due noi siamo una cosa sola.

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da "Satura" (1962-1970), Xenia II
- 5 -
Ho sceso, dandoti il braccio

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
E ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
Le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
Non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
Le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

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venerdì 6 ottobre 2017

Questioni che emergono dall'attualità

Due grosse crisi stanno emergendo nell'attualità: il tentativo della Catalogna di ottenere l'indipendenza, le provocazioni della Corea del Nord agli Stati Uniti.
Ad esse uniamo la prossima consultazione in Lombardia per l'autonomia amministrativa in alcuni settori.

Quali domande abbiamo rispetto a questi eventi?
Questione Catalana:
- Perché la popolazione della Catalogna vuole l'indipendenza dalla Spagna?
- Quali vantaggi e svantaggi otterrebbe la Catalogna con l'indipendenza?
- Se la Catalogna ottenesse l'indipendenza, come verrebbe considerata dall'UE?
- Perché la polizia spagnola ha cercato di impedire alle persone di andare a votare il 1 ottobre?
- Perché gli studenti catalani hanno manifestato in modo così acceso? Che ruolo hanno?
- Se la Catalogna ottenesse l'indipendenza, che cosa accadrebbe alla squadra del Barcellona?sco

Questione Corea del Nord:
- Quali sono le ragioni di questa crisi?
- In caso scoppiasse una guerra, coinvolgerebbe anche l'Italia?
- Se scoppiasse una guerra, la NATO sarebbe coinvolta?
- Perché gli Stati Uniti ritengono la minaccia della Corea così grave quando sono una potenza militare di prima grandezza.
- Se in una ipotetica guerra vincesse la Corea, cosa succederebbe?
- Possiamo fidarci delle informazioni riportate dai media occidentali?
- Cosa succede se uno dei contendenti utilizza armi nucleari?

Questione del referendum della Lombardia del 22 ottobre
- Il referendum è uno strumento adeguato per conoscere le intenzioni della popolazione lombarda?
- Che tipo di indipendenza chiede la Lombardia e per quale motivo?

Corea del Nord
Storia: https://www.focus.it/cultura/storia/storia-della-corea-del-nord-e-della-corea-del-sud
Quindici curiosità sulla Corea del Nord: https://www.focus.it/cultura/curiosita/curiosita-corea-del-nord
Rivista Limes http://www.limesonline.com/

lunedì 2 ottobre 2017

15. La fine della repubblica

Video: Età di Cesare e Pompeo - Frezzotti

15.1 La crisi del senato e l’ascesa di Pompeo

Il Senato è incapace a risolvere i problemi interni ed esterni di Roma e deve assecondare le pressioni di diversi uomini politici ascesi grazie ad abilità, denaro, spregiudicatezza.
Pompeo ottiene fama e gloria fermando rivolta in Etruria, domando rivolta di Sertorio in Lusitania e partecipando alla campagna vittoriosa contro i rivoltosi di Spartaco. Crasso sconfigge nel 71 i ribelli di Spartaco.
70 Pompeo e Crasso fanno pressioni e strappano al Senato la nomina a consoli. Pompeo ne approfitta per smantellare la costituzione sillana (favori ai cavalieri, restaurazione dei tribuni, epurazione senato).
Al termine del consolato Pompeo ottiene due volte i pieni poteri, per combattere i pirati e Mitridate. Ormai gode di un prestigio elevatissimo.
Pompeo al potere: la resistenza di Sertorio: mentre il Senato (chiuso nella difesa dei propri interessi) è incapace di agire e risolvere i molteplici problemi, emergono personaggi abili e ambiziosi che ottengono successo grazie alle loro imprese o l’abilità politica o le ricchezze.
Pompeo, sillano, dopo aver fermato la rivolta di Lepido in Etruria (Lepido, sosteneva proteste dei proprietari contro la distribuzione loro terre ai veterani), si recò in Lusitania a domare la rivolta di Sertorio (seguace di Mario fuggito in Iberia e a capo di rivolta per indipendenza nell ‘80). Pompeo doma a fatica la rivolta (76-72) che ricorre alla guerriglia. Tornando a Roma in Etruria batte i fuggitivi della rivolta di Spartaco.
Spartaco e la rivolta degli schiavi: Crasso, luogotenente di Silla, arricchitosi con le proscrizioni, deve affrontare la rivolta di Spartaco. Questi, schiavo della Tracia, a Capua aveva messo in atto un piano per librare altri schiavi e tornare oltre le Alpi nella propria terra. La fuga aveva avuto un imprevisto seguito (150.000) che alcuni delinquenti avevano indirizzato a razziare il Sud. La loro forza e organizzazione aveva richiesto a Roma l’invio di 8 legioni guidate da Crasso. Per punizione i 6000 schiavi sopravvissuti vengono crocifissi sulla Appia.
L’alleanza di Pompeo e Crasso e la revisione della costituzione sillana: Pompeo giunge a Roma godendo di grande popolarità, si allea con i populares (promettendo di riformare in senso democratico la costituzione sillana) e fa pressioni sul Senato per ottenere il consolato, non volendo seguire il cursus honorum prescritto da Silla. Il Senato, sotto le pressioni di Pompeo e Crasso accampati con le legioni fuori Roma e dei populares a Roma, li nomina consoli nel 70.
Pompeo smantella la costituzione sillana:
- Leggi a favore dei cavalieri: 1) riserva ai cavalieri la gestione dei tribunali per concussione; 2) riconcede appalto delle province asiatiche;
- Leggi per i tribuni della plebe: 3) Restituito diritto di veto e intercessio; 4) tolto divieto per ex tribuni della plebe di accedere alle magistrature.
- Intervento per limitare corruzione: 5) Nomina nuovi censori che espellono 84 senatori per indegnità.
In quel tempo l’alta corruzione nella politica viene mostrata dallo scandalo di Verre, pretore processato sotto il consolato di Pompeo e Crasso, per abusi commessi nell’amministrazione della Sicilia. Nel processo i pretori ostacolano la giustizia per difendere Verre, ma Cicerone dimostra la loro colpevolezza e Verre subisce condanna e forte multa.
Pompeo contro i pirati e contro Mitridate: Alla fine del consolato Pompeo non si reca ad amministrare una provincia, ma rimane a Roma per perseguire il proprio progetto politico.
Nel 67 ottiene poteri straordinari per combattere i pirati: I pirati infestavano il Mediterraneo ed erano giunti a razziare con intere flotte i commerci romani fino a causare carestie a Roma. Quando il tribuno Gabinio propone tre anni di poteri straordinari per Pompeo (lex de piratis persequandis: potere militare su flotta ed esercito) il senato viene obbligato ad accettare per le pressioni del popolo che temeva carestie. Pompeo in tre mesi riapre le rotte.
Nel 66 ottiene nuovamente i pieni poteri con la lex Manilia (del tribuno Manilio) per sconfiggere Mitridate che dal 75 aveva invaso la Cappadocia e la Bitinia (protettorati romani) e il comandante Lucullo non riusciva a contrastare. Lucullo inoltre era inviso ai cavalieri perché in Asia aveva emesso editti per limitare l’avidità dei riscossori delle tasse. Mitridate viene sconfitto nel 63 (abbandonato dall’alleato re d’Armenia Tigrane, tradito dal figlio): Il dominio romano era così esteso all’oriente ellenistico.
Al rientro in Italia nel 62 i più si aspettano che instauri un principato, invece chiede solo al senato la ratifica dei provvedimenti presi e la distribuzione delle terre ai veterani.

15.2 Lo scontro tra popolari e ottimati

A Roma si inasprisce il contrasto tra Ottimati e Popolari, rappresentati da uomini influenti:
Cicerone e Catone degli Ottimati
Crasso, Cesare e Catilina dei Popolari: Catilina avendo perso il consolato per tre volte ordisce una congiura che viene sventata.

Cicerone e Catone; Crasso, Cesare e Catilina: A Roma si era inasprito lo scontro tra Ottimati e Popolari e erano emersi personaggi significativi:
Ottimati: difendevano il potere di poche famiglie tradizionali. L’aristocratico Catone esprimeva le idee più conservatrici; Cicerone, pur essendo homo novus e denunciando la corruzione aristocratica, riteneva che solo gli ottimati fossero in grado di difendere le istituzioni repubblicane.
Populares: Crasso, uomo estremamente arricchito ma non politicamente abile, che finanziava Cesare, di nobile famiglia (Iulii, da Iulo figlio di Enea), nato nel 100, nipote di Caio Mario; Lucio Sergio Catilina, dei popolari, ma di origine nobile, aveva subito un’accusa di concussione per il suo governo dell’Africa e, per quanto assolto, non aveva potuto candidarsi come console nel 65. Battuto poi nel 64 da Cicerone, si preseta nel 63, ma le sue promesse demagogiche (cancellazione generale dei debiti) gli procurò l’ostilità di tutte le classi agiate e la perdita del sostegno di Cesare e Crasso. Ordisce allora una congiura sventata dall’intervento di Cicerone (famose le sue orazioni in senato). Catilina deve lasciare Roma e ritirarsi a Fiesole dove lo attende un proprio esercito. I congiurati a Roma tentano comunque l’insurrezione, ma vengono fermati e condannati (senza poter ricorrere all’appello al popolo). Nel 62 Catilina e il suo esercito viene sconfitto a Pistoia, dove muore valorosamente lo stesso Catilina.

15.3 L’ascesa di Cesare

Nel 60 Cesare ottiene l’appoggio alla sua ascesa a console tramite un patto (primo triumvirato) con Pompeo e Crasso.
Da Console, tenuto fede ai patti, elimina le figure a lui ostili a Roma e si fa nominare proconsole in Gallia, da dove inizia una guerra di conquista.
A Roma Pompeo, temendo il crescente prestigio di Cesare, torna ad appoggiare il Senato, nonostante Cesare cerchi di mantenere salda l’alleanza con un secondo triumvirato (56). Il Senato istituisce un esercito di protezione della città.
Intanto Cesare completa la conquista della Gallia.

Il primo triumvirato: Cesare sfrutta il momento per ottenere l’appoggio di Pompeo e (60 a.C.) sigla con lui e Crasso un accordo privato, l’ “accordo di Lucca” noto come “primo triumvirato”: Pompeo appoggia la candidatura di Cesare al consolato per il 59, Cesare sostiene la ratifica dei provvedimenti presi in Asia da Pompeo (che il Senato non voleva dare), Crasso raccoglie consensi tra classe finanziaria alla distribuzione di terre ai veterani voluta da Pompeo. Tornato dalla campagna in Spagna, Cesare per la sua ascesa aveva bisogno dell’appoggio di Crasso (già gli aveva saldato i debiti prima della campagna) e di un altro influente personaggio che trovò in Pompeo (in quel momento ostacolato dal Senato).

Il consolato di Cesare e la spedizione gallica: Ottenuto il consolato, Cesare:
A) onorò gli impegni e fece approvare le leggi di distribuzione delle terre ai veterani e di riduzione dei canoni che i pubblicani delle province orientali pagavano allo Stato (gran vantaggi per i cavalieri a cui apparteneva Crasso).
B) Impose al Senato altri provvedimenti: 1) Distribuzione di piccoli appezzamenti di terra alla plebe, acquistati con fondi dello Stato e non confiscate ai proprietari; 2) Maggiore responsabilità fiscale amministratori province; 3) Obbligo pubblicazione verbali sedute del Senato; 4) Abolizione pratica di prendere auspici prima di assemblee legislative.
C) Inoltre si assicurò il proconsolato della Gallia Cisalpina e dell’Illirico (ottenne poi anche la Gallia Narbonese, più turbolenta) per 5 anni (facendo valere il pericolo, ottenne 4 legioni).
D) Prima di lasciare Roma allontanò i suoi nemici più diretti: Catone ebbe il possesso di Cipro, donata dall’Egitto; Cicerone fu condannato all’esilio dal tribuno Publio Clodio, per aver fatto giustiziare i congiurati di Catilina, senza concedere appello (contro la legge).

In Gallia Cesare intervenne in aiuto degli Edui (minacciati dagli Elvezi, spinti da Svevi e Sequani), batté gli Elvezi (a Bibracte), affrontò poi Ariovisto re dei Germani, sconfisse una coalizione antiromana guidata dai Belgi. Nel 57 aveva conquistato la Gallia centrale e del Nord, fino alla Manica.

Il secondo accordo di Lucca e la spartizione dei poteri: A Roma i popolari guidati da Clodio erano contrastati dalle bande di un certo Milone, funzionale alla lotta degli aristocratici. Pompeo intanto temendo l’ascesa di Cesare si riavvicinava all’oligarchia senatoria e premeva perché richiamassero Cicerone.
Cesare allora tornò in Italia e a Lucca per dare stabilità ai suoi disegni ripropose un “secondo triumvirato”: a Cesarea altri 5 anni in Gallia, a Pompeo e Crasso il consolato nel 55 e poi il proconsolato di Spagna e Oriente.
Questo però non impedì a Pompeo di avvicinarsi all’oligarchia senatoria e proporsi come difensore delle istituzioni. Nel 53 Crasso morì contro i Parti in Mesopotamia, nel 52 Clodio fu ucciso dalle bande di Milone, Pompeo fu nominato console senza collega e dispose di un esercito istituito dal Senato per controllare la città.

La conquista della Gallia: Cesare tornato in Gallia si spinse prima (53) oltre la Manica fino al Tamigi, poi tornò per affrontare la minaccia di Vercingetorige, capo degli Averni. Dopo due anni di combattimenti riuscì a sconfiggerlo ad Alesia: la Gallia venne incorporata nel mondo romano e iniziò la sua assimilazione al mondo latino.

15.4 La seconda guerra civile (49-45 a.C.)

Cesare varca il Rubicone e scende a Roma con l’esercito, mettendo in fuga Pompeo che lo aveva avversato duramente. Sconfitte le legioni pompeiane in Spagna, sbarca in Asia Minore e batte Pompeo a Farsalo, e successivamente lo insegue in Egitto.
A Roma Cesare è dittatore a vita, imperator, inviolabile. Attua riforme cercando di dare equilibrio e giustizia: estende cittadinanza a Galli cispadani, sviluppa attività, controlla l’amministrazione delle province, la distribuzione del grano, la determinazione dei tributi, il grado di occupazione.

Alea iacta est: Forte del suo successo, Cesare voleva richiedere il consolato, ma su consiglio di Pompeo il Senato chiese che il candidato fosse personalmente a Roma, lasciando le legioni e si rifiutò di sciogliere l’esercito di Pompeo.
Il 10 gen 49 Cesare varcò il limite del Rubicone (pronuncia la fatidica frase) dando inizio alla guerra civile e giunse a Roma senza incontrare ostacoli. Pompeo fuggì in Macedonia dove pensava di reclutare un esercito.
Cesare prima sconfisse le legioni (pompeiane) stanziate in penisola Iberica. Poi andò in Asia r sconfisse Pompeo a Farsalo (48) in Tessaglia. Pompeo fuggì in Egitto presso Tolomeo XIII che però lo fece uccidere. Cesare però eliminò Tolomeo XIII e incoronò a regina la sorella Cleopatra di cui si era innamorato.
Dovette poi andare in Asia Minore, dove nel Ponto, Farnace si era ribellato. Sbarcato poi in Africa sconfisse e uccise i pompeiani superstiti (si uccise Catone). Terminò nel 45.

Il governo di Cesare: Cesare non abusò del potere, ma concentratolo su di sé attuò delle riforme:
- Propria divinizzazione: pontifex maximus (già dal 63), imperator, pater patriae, dittatore a vita, sacrosanctus (inviolabilità tribunizia). Nel senato sedeva su seggio dorato. A lui venne dedicato il 5° mese dell’anno. Nei templi mise statue con sua figura, fece stampare monete con effige.
- Riappacificazione e riforme: rientro degli esiliati, cittadinanza alla Gallia Cisalpina, leggi di sviluppo agricoltura, artigianato e commercio.
- Governo province: controllo governatori, determinazione precisa dei tributi (per impedire abusi dei pubblicani)
- Per Roma: razionalizzazione distribuzione del grano, dimezzamento beneficiari, contrasto alla disoccupazione con opere pubbliche (sistemazione Foro, argini Tevere, prosciugamento paludi Pontine). Nuove colonie fuori Roma

15.5 La morte di Cesare: lo scontro fra Antonio e Ottaviano

Il 15 marzo 44 Cesare muore nella congiura del Senato, perché gli aristocratici vedono in lui un possibile monarca assoluto e un affossatore della libertà repubblicana.
I conservatori non riescono a restaurare la Repubblica, per le pressioni di Antonio (a cui rimane fedele l’esercito) e quelle della folla (adorante verso Cesare, da cui aveva ottenuto doni in eredità, e ostile ai congiuranti).
Ottaviano guadagna i favori del popolo, dei soldati, e si fa preferire dall’aristocrazia allarmata dalle imposizioni di Antonio.
Ottaviano si allontana dai senatori e si riavvicina ad Antonio con cui, insieme a Lepido, stringe nel 43 il “secondo triumvirato”.
Tra Ottaviano e Antonio però il clima si deteriora. Antonio dall’Egitto alimenta sogni di grandezza, mentre Ottaviano a Roma lo presenta come un traditore.

La congiura contro Cesare: Alle idi di marzo del 44 a.C. (15 marzo) Cesare viene ucciso in Senato da congiurati, capeggiati dal figlio adottivo Bruto e da Cassio. L’azione è motivata dall’odio degli aristocratici: per quanto Cesare non avesse toccato le loro proprietà e assicurato stabilità e efficienza all’amministrazione, alcuni non gli perdonavano di aver ridotto la libertà repubblicana, altri temevano la trasformazione del potere in un assolutismo di stampo orientale (fomentato da Cleopatra).

Antonio e l’eredità di Cesare: Antonio, console e fedele a Cesare, sfruttò la fedeltà che l’esercito mantenne e sigla un accordo con il Senato: solenni funerali di Cesare e il mantenimento dell’assetto costituzionale, in cambio del risparmio dei congiurati. Il Senato non fu quindi in grado di riaffermare il potere repubblicano. Due fatti però ruppero questo equilibrio: l’apertura del testamento di Cesare che rivelò come erede designato il giovane pronipote Ottaviano (e non Antonio) e la donazione di 300 sesterzi a ogni membro del proletariato e ogni legionario che alimentarono una forte ostilità verso i congiurati. Essi dovettero fuggire nelle province.

Le prime mosse di Ottaviano: Ottaviano seppe muoversi abilmente, conquistando i favori della plebe e dei cesariani, ma anche proponendosi agli aristocratici come un moderato, capace di arrestare le ambizioni di Antonio. Tornato dall’Epiro dove si trovava pagò personalmente le somme destinate da Cesare al popolo e ai soldati, perché Antonio aveva rifiutato di consegnare i beni di Cesare. Antonio nel frattempo avuto l’incarico di amministrare una regione lontana, si era fatto una legge ad personam per permutarla con la vicina Gallia Cisalpina, attirando le inimicizie dei difensori dell’ordine e del diritto (tra cui Cicerone che si scagliò contro di lui con le “Filippiche”). L’esercito di Antonio inviato in Gallia per sottrarre la provincia a Decimo Bruto che non accettava la permuta, fu raggiunto da quello consolare e quello di Ottaviano e sconfitto a Modena (43). Antonio si rifugiò nella Gallia Narbonese dell’amico Lepido.

L’accordo con Antonio e il secondo triumvirato: Senato e Ottaviano si allontanarono e inimicarono (il Senato negò il consolato a Ottaviano e difese i cesaricidi). Per questo Ottaviano strinse un’alleanza con Antonio, si recò a Roma e si fece eleggere console dai comizi da lui convocati, revocando l’amnistia ai cesaricidi. Sempre nel 43 a Bologna formò l’accordo detto “secondo triumvirato” con Antonio e Lepido. L’intesa divenne pubblica (al contrario del primo), approvata dai comizi: prevedeva la punizione dei cesaricidi e dei loro sostenitori, la creazione di una nuova costituzione. I triumviri ricoprivano una magistratura straordinaria.

La battaglia di Filippi e il tracollo degli anticesariani: (sintesi) Gli anticesariani vengono puniti dalle liste di proscrizione (in realtà strumento per facili e ingiusti arricchimenti), che portano alla morte anche di Cicerone. Ottaviano e Antonio a Filippi in Macedonia nel 42 sconfiggono Bruto e Cassio (che avevano 80.000 soldati) e i due si suicidano.

Dalla guerra di Perugia al patto di Brindisi: (sintesi). Ottaviano si allontana da Antonio che è in Egitto e non sa fermare una ribellione montata dalla moglie e dal fratello. Ottaviano batte i ribelli a Perugia. A Brindisi nel 40 Ottaviano e Antonio stringono un nuovo patto di spartizione delle province e suggellano con matrimoni diplomatici.
mappa concettuale

Antonio in Egitto e Ottaviano a Roma: (sintesi) Antonio che amministra la parte orientale del dominio romano sta in Egitto e alimenta il proprio sogno di una monarchia orientale, alimentato da Cleopatra. Ottaviano promuove l’immagine di Antonio traditore dello stato e di lui difensore di stato e valori famigliari.

15.6 Il trionfo di Ottaviano e la fine della Repubblica romana

Antonio nemico della patria: Ottaviano riuscì abilmente a far dichiarare dal Senato (32) Antonio nemico della patria (dando lettura del suo testamento con cui destinava l’Oriente ai due figli avuti con Cleopatra). Ottaviano fu incaricato di muovergli guerra.
Ottaviano però dichiarò guerra a Cleopatra e all’Egitto (visto che era scaduto il mandato di Antonio), facendo passare la guerra come una difesa della civiltà romana dal dispotismo orientale e non una guerra civile. L’esercito egiziano fu però guidato da Antonio e formato da tutte le truppe romane d’Oriente (500 navi, 100.000 fanti, 12.000 cavalieri)


La battaglia di Azio: 2 set 31 presso il promontorio di Azio Antonio subì una durissima sconfitta navale. Cleopatra fuggì con Antonio, ma nel 30 il loro esercito fu sconfitto ad Alessandria (Antonio si suicidò, credendo erroneamente morta Cleopatra e allora Cleopatra per non cadere prigioniera si uccise).

domenica 24 settembre 2017

Montale - altre poesie (1)

Spesso il male di vivere (1916)

Spesso il male di vivere ho incontrato
era il rivo strozzato che gorgoglia
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.


Riviere (1920)

Riviere,
bastano pochi stocchi d'erbaspada
penduli da un ciglione
sul delirio del mare;
o due camelie pallide
nei giardini deserti,
e un eucalipto biondo che si tuffi
tra sfrusci e pazzi voli
nella luce;
ed ecco che in un attimo
invisibili fili a me si asserpano,
farfalla in una ragna
di fremiti d'olivi, di sguardi di girasoli.

Dolce cattività, oggi, riviere
di chi s'arrende per poco
come a rivivere un antico gioco
non mai dimenticato.
Rammento l'acre filtro che porgeste
allo smarrito adolescente, o rive:
nelle chiare mattine si fondevano
dorsi di colli e ciello; sulla rena
dei lidi era un risucchio ampio, un eguale
fremer di vite
una febbre del mondo; ed ogni cosa
in se stessa pareva consumarsi.

Oh allora sballottati
come l'osso di seppia dalle ondate
svanire a poco a poco;
diventare
un albero rugoso od una pietra
levigata dal mare; nei colori
fondersi dei tramonti; sparir carne
per spicciare sorgente ebbra di sole,
dal sole divorata...
                            Erano questi,
riviere, i voti del fanciullo antico
che accanto ad una rósa balaustrata
lentamente moriva sorridendo.

Quanto, marine, queste fredde luci
parlano a chi straziato vi fuggiva.
Lame d'acqua scoprentisi tra varchi
di labili ramure; rocce brune
tra spumeggi; frecciare di rondoni
vagabondi...
                         Ah, potevo
credervi un giorno o terre,
bellezze funerarie, auree cornici
all'agonia d'ogni essere.
                                      Oggi torno
a voi più forte, o è inganno, ben che il cuore
par sciogliersi in ricordi lieti - e atroci.
Triste anima passata
e tu volontà nuova che mi chiami,
tempo è forse d'unirvi
in un porto sereno di saggezza.
Ed un giorno sarà ancora l'invito
di voci d'oro, di lusinghe audaci,
anima mia non più divisa. Pensa:
cangiare in inno l'elegia; rifarsi;
non mancar più.
                         Potere
simili a questi rami
ieri scarniti e nudi ed oggi pieni
di fremiti e di linfe,
sentire
noi pur domani tra i profumi e i venti
un riaffluir di sogni, un urger folle
di voci verso un esito; e nel sole
che v'investe, riviere,
rifiorire!


Casa sul mare (1925)

ll viaggio finisce qui:
nelle cure meschine che dividono
l’anima che non sa più dare un grido.
Ora i minuti sono eguali e fissi
come i giri di ruota della pompa.
Un giro: un salir d’acqua che rimbomba.
Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio.

Il viaggio finisce a questa spiaggia
che tentano gli assidui e lenti flussi.
Nulla disvela se non pigri fumi
la marina che tramano di conche
i soffi leni: ed è raro che appaia
nella bonaccia muta
tra l’isole dell’aria migrabonde
la Corsica dorsuta o la Capraia.

Tu chiedi se così tutto vanisce
in questa poca nebbia di memorie;
se nell’ora che torpe o nel sospiro
del frangente si compie ogni destino.
Vorrei dirti che no, che ti s’appressa
l’ora che passerai di là dal tempo;
forse solo chi vuole s’infinita,
e questo tu potrai, chissà, non io.
Penso che per i più non sia salvezza,
ma taluno sovverta ogni disegno,
passi il varco, qual volle si ritrovi.
Vorrei prima di cedere segnarti
codesta via di fuga
labile come nei sommossi campi
del mare spuma o ruga.
Ti dono anche l’avara mia speranza.
A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla:
l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.

Il cammino finisce a queste prode
che rode la marea col moto alterno.
Il tuo cuore vicino che non m’ode
salpa già forse per l’eterno.

martedì 19 settembre 2017

14. La repubblica romana dal II al I sec. a.C.

14.1 Roma dopo le Guerre Puniche

Una fase di transizione: Nell’arco di un secolo Roma era divenuta una potenza dominatrice, mentre alla sua base rimaneva ancora l’antica nobiltà patrizia, fondata sulla grande proprietà terriera.
La dimensione e importanza assunte e l’incontro con le civiltà orientali (soprattutto greca) produssero un rapido mutamento. La società si divise dunque tra i tradizionalisti: conservatori del sistema di valori e regole degli antichi e quelli aperti al confronto con altre culture. I tradizionalisti guardavano con sospetto alla cultura greca che invece gli altri ammiravano come occasione per Roma di divenire un impero universale.

La cultura greca a Roma: L’immigrazione di insegnanti e filosofi greci accelerò il processo di ellenizzazione. Importanti furono anche le scuole di greco (lingua internazionale utile ai Romani per governare).
Catone il censore ostacolò questo processo, visto come tradimento e indebolimento dello spirito romano
Il circolo degli Scipioni lo favorì

Verso una nuova società: Il contatto col mondo greco portò un mutamento dei costumi:
- da vita austera e sobria e vita sfarzosa e lussuosa (gioielli, abiti ricercati, case lussuose, studi in Grecia o precettori greci)
- diminuzione autorità patriarcale e liberazione ruolo della donna.
- diffusione divertimenti come i giochi dei gladiatori o delle belve.
- nuove religioni, come i riti dionisiaci, poi vietati.

La scomparsa della piccola proprietà terriera: le guerre portarono forti squilibri economici che produssero forti tensioni sociali:
- scomparsa dei piccoli proprietari: le ripetute guerre avevano allontanato i soldati-contadini, che al rientro avevano trovato i terreni inariditi e la concorrenza di prodotti provenienti dalle province e dalle grandi proprietà degli aristocratici, senza poter piantare colture specializzate. Cercarono di vendere le terre a grandi proprietari da cui farsi assumere come salariati. Quelli però preferivano la manodopera degli schiavi più conveniente.

La nascita del proletariato e l’ascesa del ceto dei cavalieri:
- i contadini impoveriti si riversarono in Roma costituendo una massa disoccupata di proletari che il governo blandiva con donazioni di grano e giochi del circo, ma che divennero masse manipolabili da uomini politici o famiglie aristocratiche.
- ci fu la rapida ascesa dei cavalieri: la prima classe dei centuriati; costoro si erano dedicati al commercio (superando i divieti imposti a i senatori) e accaparrate le opere pubbliche e la riscossione delle tasse che il governo non riusciva a gestire, traendone fonte di enormi guadagni.

L’aristocrazia e il sistema della villae:
- gli aristocratici invece avevano ampliato i propri terreni, grazie all’impoverimento dei contadini, riempiendoli di schiavi che consentivano una produzione agricola a bassi costi. Molti aristocratici si trasferirono in città abitando in palazzi lussuosi e godendo di agi e ricchezze, oppure resero le loro dimore in campagna (le villae) aziende agricole destinate alla produzione di beni da vendere (non più grano, ma i più redditizi olio e vino).

14.2 Gli schiavi, le tensioni sociali e le prime rivolte

Una “nuova” società schiavistica: Nel tempo la schiavitù a Roma si era trasformata nella quantità e qualità. Se prima gli schiavi erano un gruppo limitato e nella famiglia patriarcale non avevano diritti, ma godevano di rispetto e considerazione (svolgevano gli stessi compiti dei figli), con l’ampliarsi del dominio romano aumentò l’afflusso di schiavi e questi furono trattati come strumenti di lavoro nelle tenute agricole, su cui il padrone aveva potere di vita e di morte. Godevano di migliori condizioni quelli destinati al lavoro domestico o impiegati nelle attività commerciali. Si era aperto un fiorente mercato di schiavi in tutto il Mediterraneo. C’erano anche schiavi pubblici, cioè dello Stato che lavoravano in miniere, cave, alle opere pubbliche.

Le prime rivolte: Scoppiarono rivolte in cui schiavi si davano alla macchia e al brigantaggio, minacciando gli abitanti sentendosi protetti dal fatto che erano patrimonio di qualche potente proprietario.
Nel 136 in Sicilia avvenne la rivolta di Euno (mago e profeta di Enna) che si estese a tutta la Sicilia. Egli diede vita ad un vero e proprio Stato, si fece chiamare Antioco, fu sconfitto nel 132.

La degenerazione della vita politica:
- disoccupati diventavano clientes delle grandi famiglie: persone che godevano benefici di varia natura e in cambio erano disposte a sostenere o farsi manovrare da esse
- corruzione nelle magistrature: le persone intraprendevano la carriera politica per diventare governatori delle province.
- scontento tra i socii italici perché non partecipavano alla distribuzione delle terre, non avevano la civitas romana (il diritto di voto), dovevano pagare tasse.
- scontento tra gli abitanti delle province, sottoposti inoltre alla vessazione degli amministratori locali.

14.3 I Gracchi e la politica delle riforme

133 Tiberio Gracco propone la riforma agraria per risolvere ingiusta povertà e mancanza esercito. La dura opposizione dei Senatori-latifondisti porta ad un braccio di ferro e a tumulti nei quali Tiberio viene ucciso.
123 Caio Gracco tenta attraverso un’alleanza con la plebe e i cavalieri di ridimensionare il potere dei latifondisti. Con leggi e provvedimenti, tra cui le leges Sempronie e la riproposizone della riforma agraria, ottiene il favore delle classi. Rieletto Tribuno propone l’estensione cittadinanza agli italici, ottenendo opposizione plebe. Non rieletto, fallisce nella tentata rivolta armata e si uccide.
Nello scontro tra Optimates e Populares (cavalieri, plebei, italici) giocano un sempre maggiore ruolo i comandanti militari e la massa urbana blandita opportunisticamente da uno o l’altro politico.
La riforma agraria di Tiberio Gracco: Intervennero in questa situazione i fratelli Tiberio e Caio Gracco, di una famiglia imparentata con gli Scipioni.
Tiberio propose una riforma agraria, mosso dall’ingiusta condizione di miseria di tanti romani, ma anche preoccupato per la perdita di forza di Roma: la scomparsa di contadini-soldati (classe più bassa dei comizi centuriati) portava alla scomparsa dell’esercito e alla formazione di una massa di proletariato urbano incontrollabile e pericolosa.
Eletto Tribuno della plebe nel 133 intendeva proporre ai concili della plebe una riforma agraria: riaffermare regola del tetto ai 500 iugeri di terreno pubblico, distribuzione delle terre recuperate in lotti da 30 iugeri. Suscitò una feroce opposizione dei latifondisti (Senatori).
Nel 132 volle farsi rieleggere tribuno (non si poteva) per sostenere l’approvazione della legge. I Senatori votarono un senatoconsulto “ultimo” (poteri ai consoli) sostenendo che Tiberio attentava al potere e nei tumulti Tiberio fu ucciso.
Il disegno politico di Caio Gracco: Nel 123 Caio Gracco eletto Tribuno della plebe, attaccò il potere dei Senatori cercando l’appoggio di tutti gli altri ceti: cavalieri, piccoli contadini, proletariato urbano attraverso leggi e interventi loro favorevoli. Assegnò ai cavalieri la riscossione dei tributi nella ricchissima Asia e con le leges Semproniae concesse anche ai cavalieri di giudicare i reati amministrativi commessi dai proconsoli (per la prima volta i senatori potevano essere giudicati dai cavalieri). Per aumentare il favore verso di sé introdusse distribuzioni gratuite di grano e ripropose la riforma agraria, ridusse potere punitivo dei capi militari, alleviò il servizio militare, costruì nuove strade e fondò colonie.
122 venne rieletto Tribuno (legge era cambiata) e cercò anche appoggio degli italici proponendo l’estensione della cittadinanza fino a loro. Questo però gli inimicò la plebe che temeva di perdere diritti e per questo nel 121 non fu rieletto. Caio tentò la rivolta armata sollevando gli schiavi, ma il Senato lo fermò ed egli si fece uccidere da uno schiavo.
Verso il I secolo a.C.: l’età dei capi militari: Sempre più la vita politica di Roma fu monopolizzata dallo scontro tra gli Optimates (poche famiglie senatorie su cui si concentrava potere e ricchezza) e i Populares (cavalieri, plebei, italici, qualche nobile illuminato). La massa del proletariato urbano oscillava tra i due partiti blandita da promesse e consolazioni temporanee. I tribuni della plebe trovarono alleanza nei comandanti militari che disponevano di potere anche nelle province e questi si sostituirono ad essi nell’agire sulla scena politica.

14.4 La crisi della Repubblica

La guerra contro la Numidia (112-105) alimenta i contrasti tra populares e optimates (sospettati di compromesso con Giugurta). I popolari ottengono l’elezione a console di Mario, homus novus, che grazie alla riforma dell’esercito e al suo valore conquista la Numidia nel 105
Mario approfittò del suo successo per sconfiggere Cimbri e Teutoni, ma finì per inimicarsi l’appoggio di cavalieri e plebe quando appoggiò la proposta di Saturnino (cittadinanza ai veterani).
Nel 91 scoppiò la Guerra Sociale per esasperazione dei socii, delusi davanti al fallimento della riforma di Druso (fallita per opposizione del Senato all’ingresso dei cavalieri)
La guerra di Giugurta e l’ascesa di Mario: In Numidia Giugurta aveva eliminato i cugini, suoi coeredi e alleati romani, per ottenere il trono. Il Senato, accusato dai cavalieri di essere stato comprato dai doni di Giugurta, fu costretto a dichiarare guerra alla Numidia. Dato che il primo console (Lucio Calpurnio Besta) stipulò una pace con Giugurta, alimentando il sospetto di essere stato corrotto, nel 109 il senato affidò la campagna a Quinto Metello accompagnato da Caio Mario, un homo novus. La guerra però perdurava alimentando il conflitto tra senato e cavalieri.
107 cavalieri e popolari fecero eleggere a console Mario. Egli decise di rafforzare l’esercito trasformandolo in volontario, ottenendo quindi l’iscrizione dei molti proletari (detti capite-censi). Grazie al rinnovato esercito, alla sua bravura, al valore dell’ufficiale Lucio Cornelio Silla, sconfisse 105 il regno di Numidia.
Lo scontro con i Cimbri e i Teutoni e il declino di Mario: Mario godeva di un forte favore e venne rieletto per 5 anni. Approfittò della posizione per combattere i Cimbri e Teutoni, germani che avevano invaso la Gallia e minacciavano l’ingresso in Italia (annientati i romani in Provenza). Mario li battè nel 102 (Teutoni ad Aquae Sextiae) e 101 (Cimbri a Campi Raudii).
Mario concedeva benefici alle classi meno abbienti e ai soldati e questo aumentò il suo contrasto con il Senato, ma gli fece perdere anche l’appoggio dei cavalieri e della plebe. Un caso esemplare fu la proposta del tribuno Saturnino, amico di Mario, di dare terreni nelle province ai veterani (tra i quali c’erano non romani), che sollevò la protesta di cavalieri e plebe. Scoppiata una rivolta Mario accettò l’incarico di reprimerla, ma così perse anche il favore dei ceti popolari.
La Guerra Sociale e il conflitto con Mitridate: Gli italici chiedevano la cittadinanza romana. Nel 91 il tribuno Marco Livio Druso ripropose l’estensione della cittadinanza a tutti gli abitanti della penisola e prima cercò il consenso dei ceti meno abbienti (che erano contrari) e dei cavalieri, proponendo la loro ammissione in Senato. L’aristocrazia però lo fece uccidere.
I socii allora si sollevarono nella “Guerra Sociale” e formarono un proprio Stato federale. La guerra molto dura fu vinta da Silla, ma intanto il Senato era stato gradualmente costretto a concedere la cittadinanza.
Intanto Mitridate VI, re del Ponto aveva iniziato una rivolta contro Roma ottenendo la guerra. L’esercito fu affidato a Silla. Siccome popolari e cavalieri facevano pressione perché l’esercito fosse tolto a Silla e dato a Mario, Silla da Nola marciò su Roma con l’esercito, costrinse Mario sconfitto alla fuga e partì per l’Oriente.
Nei quattro anni di assenza di Silla il partito di Mario si riorganizzò attorno al figlio (Mario il Giovane), alleatosi con Etruschi e Sanniti. Nell’83 Silla tornò e i due partiti che controllavano parti dell’esercito diedero vita a una terribile guerra civile. Nell’82 popolari, Etruschi e Sanniti vennero sconfitti e massacrati a Porta Collina, alle porte di Roma.

14.5. le riforme di Silla e la supremazia senatoria

Le liste di proscrizione sillane: Silla si fece nominare dittatore con incarico di ridare ordine allo stato. Suoi provvedimenti:
- Liste di proscrizione: elenchi di persone che potevano essere uccise e i cui beni venivano confiscati e venduti all’asta (comportarono massacri soprattutto verso Sanniti e cavalieri, spoliazioni, vendette personali, arricchimento di alcuni, tra cui Crasso).

Le riforme costituzionali e la “restaurazione” senatoria: Silla operò delle riforme per rafforzare il senato e rendere più stabile la vita politica:
- Senato: raddoppiato il numero (da 300 a 600).
- Magistrature (lex de magistratibus): organizzò il cursus honorum (ordine per accedere a magistrature, vincoli di età per accedervi, vincoli per ripetere mandato (10 anni), vincoli di cursus per ottenere il consolato – essere prima questori e pretori), separò il potere politico da quello militare (i consoli sempre in città, solo dopo potevano andare nelle province e governare l’esercito).
- Tribunato della plebe (lex de tribunicia potestate): leggi tribunizie sottoposte a parere preventivo e vincolante del senato.
- Comizi centuriati (lex de comitiis centuriatis): ridare forza ai comizi
- Presenza esercito: divieto di superare il “pomerio” (confine al Magra e al Rubicone)
- Tribunali: divisione di competenza dei tribunali per 6 tipologie di reato (concussione, tradimento, omicidio, falso, peculato, banda armata). Riduce la pena di morte ad esilio, esclude la possibilità ricorrere in appello, separa giustizia da polizia, introduce il principio del “nullo crimen sine lege”.
Nel 79 Silla si ritirò a vita privata e morì nel 78.

domenica 17 settembre 2017

L'unicità del linguaggio umano

"L'unicità del linguaggio umano"
incontro avvenuto al Meeting di Rimini il 23 agosto 2017
relatori: Andrea Moro, Giorgio Vallortigara, moderatore Marco Bersanelli
video dell'incontro: https://www.youtube.com/watch?v=3KHmYxkZ_p4

Introduzione di M. Bersanelli
Se c’è un tema affascinante, misterioso, semplice e al tempo stesso inesauribile è proprio quello del linguaggio umano. Non c’è in effetti un’esperienza più elementare di questa nostra capacità di usare il linguaggio, di esprimerci con la parola. Ne facciamo uso quotidianamente, ne sto facendo uso io ora. Ma dal punto di vista della ricerca scientifica quale sia la natura del linguaggio è un problema talmente profondo che forse solo oggi con molta difficoltà si sta incominciando a capire qualcosa. Ma certamente molto di più è quello che ancora non si comprende. È un tema che abbiamo già affrontato qui al Meeting altre volte e abbiamo voluto ritornare su questo argomento perché, come vedremo, è profondamente legato proprio al tema di questo Meeting. Noi tutti ci rendiamo conto che da una parte il linguaggio appare essere una prerogativa dell’uomo, del nostro essere uomini. D’altra parte ci rendiamo tutti conto anche che certi animali, in qualche maniera, in qualche misura, rudimentale fin che si vuole, comunicano senz’altro fra di loro. Oggi anche le macchine in qualche senso hanno un linguaggio, anzi sicuramente lo hanno, parliamo di linguaggi diversi con cui noi comunichiamo con le macchine e le macchine a loro volta ci danno delle risposte in qualche senso. Ma, appunto, in che senso? Addirittura oggi sappiamo che ci sono macchine che spontaneamente tendono a comunicare tra di loro. È una notizia molto recente. Sono nuove domande che emergono. Ma allora che cos’è il linguaggio umano? È soltanto una versione quantitativamente più estesa, un po’ più sofisticata del linguaggio animale in generale? Oppure una sorta di variante tra le mille possibili dello stesso tipo di linguaggio con cui le macchine possono comunicare? Oppure nell’uomo c’è un salto qualitativo che lo rende qualcosa di unico nel panorama naturale? E poi, per noi esseri umani il linguaggio è solamente un modo di comunicare o ha a che fare con la possibilità stessa del pensiero? Con la nostra capacità di riconoscere e di cercare il senso delle cose? E fino a che punto l’indagine scientifica con la sua metodologia è in grado veramente di affrontare fino in fondo e di cercare una risposta a queste domande? E a che punto diamo dal punto di vista della ricerca scientifica su questo? Ecco, a condurci al cuore di questi interrogativi oggi abbiamo due ricercatori italiani, ma che sono due ricercatori di fama internazionale: Andrea Moro e Giorgio Vallortigara.

Intervento di A. Moro: da 8’30” a 46’
1) Cosa secondo il relatore rende "unico" il linguaggio umano?
2) Individua un passaggio, una affermazione che ti ha sorpreso o interessato, oppure che ti risulta strano o poco comprensibile. Trascrivilo sul quaderno e indica a quale minuto del video si trova.

giovedì 14 settembre 2017

Lavoro su articoli di quotidiano online

Scegli uno dei 3 argomenti. Leggi l'articolo  relativo (o gli articoli). Fai un riassunto di almeno 5 righe. Aggiungi un tuo commento personale di almeno 3 righe.

1. http://www.corriere.it/economia/17_settembre_11/scrittura-studenti-illeggibile-cambridge-esami-il-pc-ec4c0288-9662-11e7-af33-2f7ee0ee6224.shtml

2. http://www.corriere.it/scuola/ritorno-a-scuola/notizie/rimini-regole-vestirsi-scuola-ecco-perche-preside-vieto-jeans-buchi-15400cc4-98b2-11e7-b032-1edc91712826.shtml

3. http://www.ecodibergamo.it/stories/isola/polemica-sui-parcheggi-rosa-di-pontidail-dietrofront-del-comuneniente-distinzio_1254491_11/
http://www.corriere.it/caffe-gramellini/17_settembre_13/pacco-pontida-2423fc40-98b8-11e7-b032-1edc91712826.shtml

giovedì 8 giugno 2017

Compiti vacanze estive 2017

Carissimi studenti,
vi allego anche qui i compiti delle vacanze che sono stati caricati in prima istanza sul registro elettronico, sezione didattica e poi compiti.
Compiti

buone vacanze
prof. Pozzi

martedì 23 maggio 2017

Popolazione della Terra

Esercizi sul popolamento della Terra:
1) Osserva il planisfero di pag. 313. a) Quale rapporto c’è tra ecumene e fasce climatiche? Spiega il motivo. b) Quale tipo di ambienti sono i meno popolati? c) C’è un rapporto tra popolazione e zone costiere? Spiegalo.
2) Osserva i grafici di pag. 313. In che posto della graduatoria si colloca l’Europa in essi?
3) Osserva il grafico di pag. 314. a) In quale momento storico la progressione della crescita è decisamente aumentata? Spiega perché b) Dall’anno 0 al 1650 di quanto è aumentata la popolazione? Puoi estrarre un tasso di crescita medio per ogni singolo annuo? c) Perché la crescita è stata così ridotta?

Esercizi 30 maggio
es. 1) fai una tabella in cui inserisci gli stati che nel grafico di pag. 316 risultano avere un tasso di fecondità maggiore o uguale a 6, con il loro tasso di fecondità. Poi preleva dalla tabella degli indicatori sociali (vedi sotto) i dati relativi al loro ISU. Osserva il rapporto tra i dati e fai un commento di almeno 3 righe.
es. 2) Vai alla pagina con le piramidi delle età, cerca le piramidi degli stati prima individuati. Scegline uno e spiega che forma ha la piramide. Confrontala poi con la piramide dell’Italia

Strumenti
Piramide delle età del mondo e dei singoli paesi
Superficie, popolazione, fasce di età
Indicatori sociali
Indicatori ambientali
Indice di Gini
Economia e lavoro

venerdì 5 maggio 2017

IA, ricerca scientifica, sfide e paradossi

Come si evolverà il rapporto dell'uomo con la tecnologia?
I rapidi sviluppi tecnologici sollevano interrogativi profondi. Tutta la scienza (conoscenza) è un bene? E' giusto porre limiti alla ricerca? In particolare, come si evolverà il rapporto tra l'uomo e i robot e le intelligenze artificiali?

Le "profezie" di Ray Kurtzweil
Il comportamento di Hal 9000
Le intelligenze artificiali sono una minaccia secondo Elon Musk
Stephe Hawking teme l'avvento delle IA
Avremo delle connessioni neurali ai computer?