Termini: continente, oceano, isola (arcipelago), penisola, istmo, stretto.
Strumenti: carte digitali
Planisfero
giovedì 26 ottobre 2017
martedì 24 ottobre 2017
Montale - altre poesie (3)
Poesie tratte da "Satura" in "La Bufera e altro"
La storia
I
La storia non si snoda
come una catena
di anelli ininterrotta.
In ogni caso
molti anelli non tengono.
La storia non contiene
il prima e il dopo,
nulla che in lei borbotti
a lento fuoco.
La storia non è prodotta
da chi la pensa e neppure
da chi la ignora. La storia
non si fa strada, si ostina,
detesta il poco a poco, non procede
né retrocede, si sposta di binario
e la sua direzione
non è nell’orario.
La storia non giustifica
e non deplora,
la storia non è intrinseca
perché è fuori.
La storia non somministra
carezze o colpi di frusta.
La storia non è magistra
di niente che ci riguardi.
Accorgersene non serve
a farla più vera e più giusta.
II
La storia non è poi
la devastante ruspa che si dice.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche
e nascondigli. C’è chi sopravvive.
La storia è anche benevola: distrugge
quanto più può: se esagerasse, certo
sarebbe meglio, ma la storia è a corto
di notizie, non compie tutte le sue vendette.
La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s’incontra l’ectoplasma
d’uno scampato e non sembra particolarmente felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n’ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono
più liberi di lui.
--------------------------------------------
La storia
I
La storia non si snoda
come una catena
di anelli ininterrotta.
In ogni caso
molti anelli non tengono.
La storia non contiene
il prima e il dopo,
nulla che in lei borbotti
a lento fuoco.
La storia non è prodotta
da chi la pensa e neppure
da chi la ignora. La storia
non si fa strada, si ostina,
detesta il poco a poco, non procede
né retrocede, si sposta di binario
e la sua direzione
non è nell’orario.
La storia non giustifica
e non deplora,
la storia non è intrinseca
perché è fuori.
La storia non somministra
carezze o colpi di frusta.
La storia non è magistra
di niente che ci riguardi.
Accorgersene non serve
a farla più vera e più giusta.
II
La storia non è poi
la devastante ruspa che si dice.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche
e nascondigli. C’è chi sopravvive.
La storia è anche benevola: distrugge
quanto più può: se esagerasse, certo
sarebbe meglio, ma la storia è a corto
di notizie, non compie tutte le sue vendette.
La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s’incontra l’ectoplasma
d’uno scampato e non sembra particolarmente felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n’ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono
più liberi di lui.
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Grammatica: gioco con i complementi
La sfida del complemento segreto
Scopo: 2 o più squadre (da 2 o 3 persone) si sfidano a creare frasi che contengano determinati complementi indicati su alcuni cartoncini estratti a sorte a cui corrisponde un punteggio. Chi fa più punti vince.
Spiegazione: Al via le squadre prendono dei cartoncini (2 o 3) su cui trovano indicati alcuni nomi di complementi indiretti. Ognuna di esse deve ideare e scrivere su un foglio una frase leggibile che li contenga. La squadra che consegna per prima fa partire un cronometro che lascia alla seconda squadra ancora 15 secondi. Conclusa la prova, si controllano le frasi e attribuiscono i punti. Ad ogni complemento corretto tra quelli estratti si assegna il rispettivo punteggio. La squadra che ha consegnato per prima ottiene 2 punti di bonus. Vince la squadra che ottiene il miglior punteggio complessivo in 2 manches.
Punteggi:
1 Punto: Oggetto, Specificazione, Stato in luogo, Tempo determinato
2 Punti: Termine, Partitivo, Denominazione, Agente e causa efficiente, Causa, Fine o Scopo, Mezzo o Strumento, Modo o Maniera, Compagnia, Unione, Moto a luogo, Moto da luogo, Moto per luogo, Tempo continuato
3 Punti: Predicativo del soggetto, Rapporto, Allontanamento o Separazione, Origine o Provenienza
4 Punti: Predicativo dell’oggetto
Materiale: cartoncini con scritti i nomi dei complementi.
Scopo: 2 o più squadre (da 2 o 3 persone) si sfidano a creare frasi che contengano determinati complementi indicati su alcuni cartoncini estratti a sorte a cui corrisponde un punteggio. Chi fa più punti vince.
Spiegazione: Al via le squadre prendono dei cartoncini (2 o 3) su cui trovano indicati alcuni nomi di complementi indiretti. Ognuna di esse deve ideare e scrivere su un foglio una frase leggibile che li contenga. La squadra che consegna per prima fa partire un cronometro che lascia alla seconda squadra ancora 15 secondi. Conclusa la prova, si controllano le frasi e attribuiscono i punti. Ad ogni complemento corretto tra quelli estratti si assegna il rispettivo punteggio. La squadra che ha consegnato per prima ottiene 2 punti di bonus. Vince la squadra che ottiene il miglior punteggio complessivo in 2 manches.
Punteggi:
1 Punto: Oggetto, Specificazione, Stato in luogo, Tempo determinato
2 Punti: Termine, Partitivo, Denominazione, Agente e causa efficiente, Causa, Fine o Scopo, Mezzo o Strumento, Modo o Maniera, Compagnia, Unione, Moto a luogo, Moto da luogo, Moto per luogo, Tempo continuato
3 Punti: Predicativo del soggetto, Rapporto, Allontanamento o Separazione, Origine o Provenienza
4 Punti: Predicativo dell’oggetto
Materiale: cartoncini con scritti i nomi dei complementi.
lunedì 16 ottobre 2017
Le prove INVALSI
Cosa è l'INVALSI
È l'Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell'Istruzione, un ente di ricerca, soggetto alla vigilanza del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), che si occupa del rilevamento dell'apprendimento e dell'efficacia del percorso scolastico.
In che modo l'INVALSI valuta l'efficacia del sistema scolastico
Attraverso delle prove nazionali scritte che hanno lo scopo di valutare i livelli di apprendimento degli studenti in italiano e matematica. Vengono effettuate sugli studenti di II e V della scuola primaria, di III della secondaria si I grado, di II e V della secondaria di II grado.
Come sono fatte le prove
Le prove sono costituite da batterie di quesiti a risposta chiusa che vertono sulla comprensione del testo, la conoscenza della lingua, le conoscenze matematiche. I quesiti vengono preparati da una speciale commissione che li elabora secondo i metodi scientifici riconosciuti a livello internazionale.
Prova 2006-2007 (versione online)
Come avviene la valutazione
Le prove sono corrette secondo una griglia di risposte e analizzate approfonditamente per determinare non solo il grado complessivo di conoscenza, ma anche le aree d'Italia più o meno avanzate, il confronto con le scuole del contesto e dell'area, il confronto con i livelli degli altri stati dell'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), il livello degli studenti in base al contesto sociale, il loro progresso e l'incidenza della scuola. Affinché i dati siano attendibili le prove devono essere svolte in piena autonomia, senza alcun ausilio che le possa alterare e vengono monitorati e indagati i possibili casi di alterazione.
Prove
2006-2007 I superiore (testo) (online)
2005-2006 I superiore (testo) (online)
2004-2005 I superiore (testo) (online)
È l'Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell'Istruzione, un ente di ricerca, soggetto alla vigilanza del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), che si occupa del rilevamento dell'apprendimento e dell'efficacia del percorso scolastico.
In che modo l'INVALSI valuta l'efficacia del sistema scolastico
Attraverso delle prove nazionali scritte che hanno lo scopo di valutare i livelli di apprendimento degli studenti in italiano e matematica. Vengono effettuate sugli studenti di II e V della scuola primaria, di III della secondaria si I grado, di II e V della secondaria di II grado.
Come sono fatte le prove
Le prove sono costituite da batterie di quesiti a risposta chiusa che vertono sulla comprensione del testo, la conoscenza della lingua, le conoscenze matematiche. I quesiti vengono preparati da una speciale commissione che li elabora secondo i metodi scientifici riconosciuti a livello internazionale.
Prova 2006-2007 (versione online)
Come avviene la valutazione
Le prove sono corrette secondo una griglia di risposte e analizzate approfonditamente per determinare non solo il grado complessivo di conoscenza, ma anche le aree d'Italia più o meno avanzate, il confronto con le scuole del contesto e dell'area, il confronto con i livelli degli altri stati dell'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), il livello degli studenti in base al contesto sociale, il loro progresso e l'incidenza della scuola. Affinché i dati siano attendibili le prove devono essere svolte in piena autonomia, senza alcun ausilio che le possa alterare e vengono monitorati e indagati i possibili casi di alterazione.
Prove
2006-2007 I superiore (testo) (online)
2005-2006 I superiore (testo) (online)
2004-2005 I superiore (testo) (online)
giovedì 12 ottobre 2017
Montale - altre poesie (2)
da "La bufera e altro" (1940-1954), parte quarta: Silvae
Nella serra
S'empì d'uno zampettìo
di talpe la limonaia,
brillò in un rosario di caute
gocce la falce fienaia.
S'accese sui pomi cotogni,
un punto, una cocciniglia,
si udì inalberarsi alla striglia
il poney - e poi vinse il sogno.
Rapito e leggero ero intriso
di te, la tua forma era il mio
respiro nascosto, il tuo viso
nel mio si fondeva, e l'oscuro
pensiero di Dio discendeva
sui pochi viventi, tra suoni
celesti e infantili tamburi
e globi sospesi di fulmini
su me, su te, sui limoni...
--------------------------------------------------
Nel parco
Nell'ombra della magnolia
che sempre più si restringe,
a un soffio di cerbottana
la freccia mi sfiora e si perde.
Pareva una foglia caduta
dal pioppo che a un colpo di vento
si stinge - e fors'era una mano
scorrente da lungi tra il verde.
Un riso che non m'appartiene
trapassa da fronde canute
fino al mio petto, lo scuote
un trillo che punge le vene,
e rido con te sulla ruota
deforme dell'ombra, mi allungo
disfatto di me sulle ossute
radici che sporgono e pungo
con fili di paglia il tuo viso....
--------------------------------------------------
L'orto
Io non so, messaggera
che scendi, prediletta
del mio Dio (del tuo forse), se nel chiuso
dei meli lazzeruoli ove si lagnano
i lui nidaci, estenuanti a sera,
io non so se nell’orto
dove le ghiande piovono e oltre il muro
si sfioccano, aerine, le ghirlande
dei carpini che accennano
lo spumoso confine dei marosi, una vela
tra corone di scogli
sommersi e nerocupi o più lucenti
della prima stella che trapela—
io non so se il tuo piede
attutito, il cieco incubo onde cresco
alla morte dal giorno che ti vidi,
io non so se il tuo passo che fa pulsar le vene
se s’avvicina in questo intrico,
è quello che mi colse un’altra estate
prima che una folata
radente contro il picco irto del Mesco
infrangesse il mio specchio,—
io non so se la mano che mi sfiora la spalla
è la stessa che un tempo
sulla celesta rispondeva a gemiti
d’altri nidi, da un fólto ormai bruciato.
L’ora della tortura e dei lamenti
che s’abbatté sul mondo,
l’ora che tu leggevi chiara come in un libro
figgendo il duro sguardo di cristallo
bene in fondo, là dove acri tendìne
di fuliggine alzandosi su lampi
di officine celavano alla vista
l’opera di Vulcano,
il dì dell’Ira che più volte in gallo
annunciò agli spergiuri,
non ti divise, anima indivisa,
dal supplizio inumano, non ti fuse
nella caldana, cuore d’ametista.
O labbri muti, aridi dal lungo
viaggio per il sentiero fatto d’aria
che vi sostenne, o membra che distinguo
a stento dalle mie, o diti che smorzano
la sete dei morenti e i vivi infocano,
o intento che hai creato fuor della tua misura
le sfere del quadrante e che ti espandi
in tempo d’uomo, in spazio d’uomo, in furie
di dèmoni incarnati, in fronti d’angiole
precipitate a volo... Se la forza
che guida il disco di già inciso fosse
un’altra, certo il tuo destino al mio
congiunto mostrerebbe un solco solo.
--------------------------------------------------
Proda di Versilia
I miei morti che prego perché preghino
per me, per i miei vivi com’io invoco
per essi non resurrezione ma
il compiersi di quella vita ch’ebbero
inesplicata e inesplicabile, oggi
più di rado discendono dagli orizzonti aperti
quando una mischia d’acque e cielo schiude
finestre ai raggi della sera, - sempre
più raro, astore celestiale, un cutter
bianco-alato li posa sulla rena.
Broli di zinnie tinte ad artificio
(nonne dal duro sòggolo le annaffiano,
chiuse lo sguardo a chi di fuorivia
non cede alle impietose loro mani
il suo male), cortili di sterpaglie
incanutite dove se entra un gatto
color frate gli vietano i rifiuti
voci irose; macerie e piatte altane
su case basse lungo un ondulato
declinare di dune e ombrelle aperte
al sole grigio, sabbia che non nutre
gli alberi sacri alla mia infanzia, il pino
selvatico, il fico e l’eucalipto.
A quell’ombre i primi anni erano folti,
gravi di miele, pur se abbandonati;
a quel rezzo anche se disteso sotto
due brandelli di crespo punteggiati
di zanzare dormivo nella stanza
d’angolo, accanto alla cucina, ancora
nottetempo o nel cuore d’una siesta
di cicale, abbagliante nel mio sonno,
travedevo oltre il muro, al lavandino,
care ombre massaggiare le murene
per respingerne in coda, e poi reciderle,
le spine; a quel perenne alto stormire
altri perduti con rastrelli e forbici
lasciavano il vivaio
dei fusti nani per i sempreverdi
bruciati e le cavane avide d’acqua.
Anni di scogli e di orizzonti stretti
a custodire vite ancora umane
e gesti conoscibili, respiro
o anelito finale di sommersi
simili all’uomo o a lui vicini pure
nel nome: il pesce prete, il pesce rondine,
l’àstice – il lupo della nassa – che
dimentica le pinze quando Alice
gli si avvicina… e il volo da trapezio
dei topi familiari da una palma
all’altra; tempo che fu misurabile
fino a che non s’aperse questo mare
infinito, di creta e di mondiglia.
-----------------------------------------------------
L'anguilla
L’anguilla, la sirena
dei mari freddi che lascia il Baltico
per giungere ai nostri mari,
ai nostri estuari, ai fiumi
che risale in profondo, sotto la piena avversa,
di ramo in ramo e poi
di capello in capello, assottigliati,
sempre più addentro, sempre più nel cuore
del macigno, filtrando
tra gorielli di melma finché un giorno
una luce scoccata dai castagni
ne accende il guizzo in pozze d’acquamorta,
nei fossi che declinano
dai balzi d’Appennino alla Romagna;
l’anguilla, torcia, frusta,
freccia d’Amore in terra
che solo i nostri botri o i disseccati
ruscelli pirenaici riconducono
a paradisi di fecondazione;
l’anima verde che cerca
vita là dove solo
morde l’arsura e la desolazione,
la scintilla che dice
tutto comincia quando tutto pare
incarbonirsi, bronco seppellito;
l’iride breve, gemella
di quella che incastonano i tuoi cigli
e fai brillare intatta in mezzo ai figli
dell’uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu
non crederla sorella?
--------------------------------------------
da "Satura" (1962-1970), Xenia I
- 1 -
Caro piccolo insetto
che chiamavano mosca non so perché,
stasera quasi al buio
mentre leggevo il Deuteroisaia
sei ricomparsa accanto a me,
ma non avevi occhiali,
non potevi vedermi
né potevo io senza quel luccichio
riconoscere te nella foschia.
- 2 -
Senza occhiali né antenne,
povero insetto che ali
avevi solo nella fantasia,
una bibbia sfasciata ed anche poco
attendibile, il nero della notte,
un lampo, un tuono e poi
neppure la tempesta. Forse che
te n’eri andata così presto senza
parlare? Ma è ridicolo
pensare che tu avessi ancora labbra.
- 3 -
Al Saint James di Parigi dovrò chiedere
una camera ‘singola’. (Non amano
i clienti spaiati). E così pure
nella falsa Bisanzio del tuo albergo
veneziano; per poi cercare subito
lo sgabuzzino delle telefoniste,
le tue amiche di sempre; e ripartire,
esaurita la carica meccanica,
il desierio di riaverti, fosse
pure in uno solo gesto o un’abitudine.
- 4 -
Avevamo studiato per l’aldilà
un fischio, un segno di riconoscimento.
Mi provo a modularlo nella speranza
che tutti siamo già morti senza saperlo.
- 5 -
Non ho mai capito se io fossi
il tuo cane fedele e incimurrito
o tu lo fossi per me.
Per gli altri no, eri un insetto miope
smarrito nel blaba
dell’alta società. Erano ingenui
quei furbi e non sapevano
di essere loro il tuo zimbello:
di esser visti anche al buio e smascherati
da un tuo senso infallibile, dal tuo
radar di pipistrello.
- 6 -
Non hai pensato mai di lasciar traccia
di te scrivendo prosa o versi. E fu
il tuo incanto – e dopo la mia nausea di me.
Fu pure il mio terrore: di esser poi
ricacciato da te nel gracidante
limo dei neòteroi.
- 7 -
Pietà di sé, infinita pena e angoscia
di chi adora il quaggiù e spera e dispera
di un altro… (Chi osa dire un altro mondo?).
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
‘Strana pietà…’ (Azucena, atto secondo).
- 8 -
La tua parola così stenta e imprudente
resta la sola di cui mi appago.
Ma è mutato l’accento, altro il colore.
Mi abituerò a sentirti o a decifrarti
nel ticchettìo della telescrivente,
nel volubile fumo dei miei sigari
di Brissago.
- 9 -
Ascoltare era il solo tuo modo di vedere.
Il conto del telefono s’è ridotto a ben poco.
- 10 -
« Pregava? ». « Sì, pregava Sant’Antonio
perché fa ritrovare
gli ombrelli smarriti e altri oggetti
dal guardaroba di Sant’Ermete ».
« Per questo solo? ». «Anche per i suoi morti
e per me ».
« È sufficiente » disse il prete.
- 11 -
Ricordare il tuo pianto (il mio era doppio)
non vale a spenger lo scoppio delle tue risate.
Erano come l’anticipo di un tuo privato
Giudizio Universale, mai accaduto purtroppo.
- 12 -
La primavera sbuca col suo passo di talpa.
Non ti sentirò più parlare di antibiotici
velenosi, del chiodo del tuo femore,
dei beni di fortuna che t’ha un occhiuto omissis
spennacchiati.
La primavera avanza con le sue nebbie grasse,
con le sue luci lunghe, le sue ore insopportabili.
Non ti sentirò più lottare col rigurgito
del tempo, dei fantasmi, dei problemi logistici
dell’Estate.
- 13 -
Tuo fratello morì giovane; tu eri
la bimba scarruffata che mi guarda
‘in posa’ nell’ovale di un ritratto.
Scrisse musiche inedite, inaudite,
oggi sepolte in un baule o andate
al màcero. Forse le riinventa
qualcuno inconsapevole, se ciò ch’è scritto è scritto.
L’amavo senza averlo mai conosciuto.
Fuori di te nessuno lo ricordava.
Non ho fatto ricerche: ora è inutile.
Dopo di te sono rimasto il solo
per cui egli è esistito. Ma è possibile,
lo sai, amare un’ombra, ombre noi stessi.
- 14 -
Dicono che la mia
sia una poesia d’inappartenenza.
Ma s’era tua era di qualcuno:
di te che non sei più forma, ma essenza.
Dicono che la poesia al suo culmine
magnifica il Tutto in fuga,
negano che la testuggine
sia più veloce del fulmine.
Tu sola sapevi che il moto
non è diverso dalla stasi,
che il vuoto è il pieno e il sereno
è la più diffusa delle nubi.
Così meglio intendo il tuo lungo viaggio
imprigionata tra le bende e i gessi.
Eppure non mi dà riposo
sapere che in uno o in due noi siamo una cosa sola.
--------------------------------------------
da "Satura" (1962-1970), Xenia II
- 5 -
Ho sceso, dandoti il braccio
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
E ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
Le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
Non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
Le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
---------------------------------------------
Nella serra
S'empì d'uno zampettìo
di talpe la limonaia,
brillò in un rosario di caute
gocce la falce fienaia.
S'accese sui pomi cotogni,
un punto, una cocciniglia,
si udì inalberarsi alla striglia
il poney - e poi vinse il sogno.
Rapito e leggero ero intriso
di te, la tua forma era il mio
respiro nascosto, il tuo viso
nel mio si fondeva, e l'oscuro
pensiero di Dio discendeva
sui pochi viventi, tra suoni
celesti e infantili tamburi
e globi sospesi di fulmini
su me, su te, sui limoni...
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Nel parco
Nell'ombra della magnolia
che sempre più si restringe,
a un soffio di cerbottana
la freccia mi sfiora e si perde.
Pareva una foglia caduta
dal pioppo che a un colpo di vento
si stinge - e fors'era una mano
scorrente da lungi tra il verde.
Un riso che non m'appartiene
trapassa da fronde canute
fino al mio petto, lo scuote
un trillo che punge le vene,
e rido con te sulla ruota
deforme dell'ombra, mi allungo
disfatto di me sulle ossute
radici che sporgono e pungo
con fili di paglia il tuo viso....
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L'orto
Io non so, messaggera
che scendi, prediletta
del mio Dio (del tuo forse), se nel chiuso
dei meli lazzeruoli ove si lagnano
i lui nidaci, estenuanti a sera,
io non so se nell’orto
dove le ghiande piovono e oltre il muro
si sfioccano, aerine, le ghirlande
dei carpini che accennano
lo spumoso confine dei marosi, una vela
tra corone di scogli
sommersi e nerocupi o più lucenti
della prima stella che trapela—
io non so se il tuo piede
attutito, il cieco incubo onde cresco
alla morte dal giorno che ti vidi,
io non so se il tuo passo che fa pulsar le vene
se s’avvicina in questo intrico,
è quello che mi colse un’altra estate
prima che una folata
radente contro il picco irto del Mesco
infrangesse il mio specchio,—
io non so se la mano che mi sfiora la spalla
è la stessa che un tempo
sulla celesta rispondeva a gemiti
d’altri nidi, da un fólto ormai bruciato.
L’ora della tortura e dei lamenti
che s’abbatté sul mondo,
l’ora che tu leggevi chiara come in un libro
figgendo il duro sguardo di cristallo
bene in fondo, là dove acri tendìne
di fuliggine alzandosi su lampi
di officine celavano alla vista
l’opera di Vulcano,
il dì dell’Ira che più volte in gallo
annunciò agli spergiuri,
non ti divise, anima indivisa,
dal supplizio inumano, non ti fuse
nella caldana, cuore d’ametista.
O labbri muti, aridi dal lungo
viaggio per il sentiero fatto d’aria
che vi sostenne, o membra che distinguo
a stento dalle mie, o diti che smorzano
la sete dei morenti e i vivi infocano,
o intento che hai creato fuor della tua misura
le sfere del quadrante e che ti espandi
in tempo d’uomo, in spazio d’uomo, in furie
di dèmoni incarnati, in fronti d’angiole
precipitate a volo... Se la forza
che guida il disco di già inciso fosse
un’altra, certo il tuo destino al mio
congiunto mostrerebbe un solco solo.
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Proda di Versilia
I miei morti che prego perché preghino
per me, per i miei vivi com’io invoco
per essi non resurrezione ma
il compiersi di quella vita ch’ebbero
inesplicata e inesplicabile, oggi
più di rado discendono dagli orizzonti aperti
quando una mischia d’acque e cielo schiude
finestre ai raggi della sera, - sempre
più raro, astore celestiale, un cutter
bianco-alato li posa sulla rena.
Broli di zinnie tinte ad artificio
(nonne dal duro sòggolo le annaffiano,
chiuse lo sguardo a chi di fuorivia
non cede alle impietose loro mani
il suo male), cortili di sterpaglie
incanutite dove se entra un gatto
color frate gli vietano i rifiuti
voci irose; macerie e piatte altane
su case basse lungo un ondulato
declinare di dune e ombrelle aperte
al sole grigio, sabbia che non nutre
gli alberi sacri alla mia infanzia, il pino
selvatico, il fico e l’eucalipto.
A quell’ombre i primi anni erano folti,
gravi di miele, pur se abbandonati;
a quel rezzo anche se disteso sotto
due brandelli di crespo punteggiati
di zanzare dormivo nella stanza
d’angolo, accanto alla cucina, ancora
nottetempo o nel cuore d’una siesta
di cicale, abbagliante nel mio sonno,
travedevo oltre il muro, al lavandino,
care ombre massaggiare le murene
per respingerne in coda, e poi reciderle,
le spine; a quel perenne alto stormire
altri perduti con rastrelli e forbici
lasciavano il vivaio
dei fusti nani per i sempreverdi
bruciati e le cavane avide d’acqua.
Anni di scogli e di orizzonti stretti
a custodire vite ancora umane
e gesti conoscibili, respiro
o anelito finale di sommersi
simili all’uomo o a lui vicini pure
nel nome: il pesce prete, il pesce rondine,
l’àstice – il lupo della nassa – che
dimentica le pinze quando Alice
gli si avvicina… e il volo da trapezio
dei topi familiari da una palma
all’altra; tempo che fu misurabile
fino a che non s’aperse questo mare
infinito, di creta e di mondiglia.
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L'anguilla
L’anguilla, la sirena
dei mari freddi che lascia il Baltico
per giungere ai nostri mari,
ai nostri estuari, ai fiumi
che risale in profondo, sotto la piena avversa,
di ramo in ramo e poi
di capello in capello, assottigliati,
sempre più addentro, sempre più nel cuore
del macigno, filtrando
tra gorielli di melma finché un giorno
una luce scoccata dai castagni
ne accende il guizzo in pozze d’acquamorta,
nei fossi che declinano
dai balzi d’Appennino alla Romagna;
l’anguilla, torcia, frusta,
freccia d’Amore in terra
che solo i nostri botri o i disseccati
ruscelli pirenaici riconducono
a paradisi di fecondazione;
l’anima verde che cerca
vita là dove solo
morde l’arsura e la desolazione,
la scintilla che dice
tutto comincia quando tutto pare
incarbonirsi, bronco seppellito;
l’iride breve, gemella
di quella che incastonano i tuoi cigli
e fai brillare intatta in mezzo ai figli
dell’uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu
non crederla sorella?
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da "Satura" (1962-1970), Xenia I
- 1 -
Caro piccolo insetto
che chiamavano mosca non so perché,
stasera quasi al buio
mentre leggevo il Deuteroisaia
sei ricomparsa accanto a me,
ma non avevi occhiali,
non potevi vedermi
né potevo io senza quel luccichio
riconoscere te nella foschia.
- 2 -
Senza occhiali né antenne,
povero insetto che ali
avevi solo nella fantasia,
una bibbia sfasciata ed anche poco
attendibile, il nero della notte,
un lampo, un tuono e poi
neppure la tempesta. Forse che
te n’eri andata così presto senza
parlare? Ma è ridicolo
pensare che tu avessi ancora labbra.
- 3 -
Al Saint James di Parigi dovrò chiedere
una camera ‘singola’. (Non amano
i clienti spaiati). E così pure
nella falsa Bisanzio del tuo albergo
veneziano; per poi cercare subito
lo sgabuzzino delle telefoniste,
le tue amiche di sempre; e ripartire,
esaurita la carica meccanica,
il desierio di riaverti, fosse
pure in uno solo gesto o un’abitudine.
- 4 -
Avevamo studiato per l’aldilà
un fischio, un segno di riconoscimento.
Mi provo a modularlo nella speranza
che tutti siamo già morti senza saperlo.
- 5 -
Non ho mai capito se io fossi
il tuo cane fedele e incimurrito
o tu lo fossi per me.
Per gli altri no, eri un insetto miope
smarrito nel blaba
dell’alta società. Erano ingenui
quei furbi e non sapevano
di essere loro il tuo zimbello:
di esser visti anche al buio e smascherati
da un tuo senso infallibile, dal tuo
radar di pipistrello.
- 6 -
Non hai pensato mai di lasciar traccia
di te scrivendo prosa o versi. E fu
il tuo incanto – e dopo la mia nausea di me.
Fu pure il mio terrore: di esser poi
ricacciato da te nel gracidante
limo dei neòteroi.
- 7 -
Pietà di sé, infinita pena e angoscia
di chi adora il quaggiù e spera e dispera
di un altro… (Chi osa dire un altro mondo?).
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
‘Strana pietà…’ (Azucena, atto secondo).
- 8 -
La tua parola così stenta e imprudente
resta la sola di cui mi appago.
Ma è mutato l’accento, altro il colore.
Mi abituerò a sentirti o a decifrarti
nel ticchettìo della telescrivente,
nel volubile fumo dei miei sigari
di Brissago.
- 9 -
Ascoltare era il solo tuo modo di vedere.
Il conto del telefono s’è ridotto a ben poco.
- 10 -
« Pregava? ». « Sì, pregava Sant’Antonio
perché fa ritrovare
gli ombrelli smarriti e altri oggetti
dal guardaroba di Sant’Ermete ».
« Per questo solo? ». «Anche per i suoi morti
e per me ».
« È sufficiente » disse il prete.
- 11 -
Ricordare il tuo pianto (il mio era doppio)
non vale a spenger lo scoppio delle tue risate.
Erano come l’anticipo di un tuo privato
Giudizio Universale, mai accaduto purtroppo.
- 12 -
La primavera sbuca col suo passo di talpa.
Non ti sentirò più parlare di antibiotici
velenosi, del chiodo del tuo femore,
dei beni di fortuna che t’ha un occhiuto omissis
spennacchiati.
La primavera avanza con le sue nebbie grasse,
con le sue luci lunghe, le sue ore insopportabili.
Non ti sentirò più lottare col rigurgito
del tempo, dei fantasmi, dei problemi logistici
dell’Estate.
- 13 -
Tuo fratello morì giovane; tu eri
la bimba scarruffata che mi guarda
‘in posa’ nell’ovale di un ritratto.
Scrisse musiche inedite, inaudite,
oggi sepolte in un baule o andate
al màcero. Forse le riinventa
qualcuno inconsapevole, se ciò ch’è scritto è scritto.
L’amavo senza averlo mai conosciuto.
Fuori di te nessuno lo ricordava.
Non ho fatto ricerche: ora è inutile.
Dopo di te sono rimasto il solo
per cui egli è esistito. Ma è possibile,
lo sai, amare un’ombra, ombre noi stessi.
- 14 -
Dicono che la mia
sia una poesia d’inappartenenza.
Ma s’era tua era di qualcuno:
di te che non sei più forma, ma essenza.
Dicono che la poesia al suo culmine
magnifica il Tutto in fuga,
negano che la testuggine
sia più veloce del fulmine.
Tu sola sapevi che il moto
non è diverso dalla stasi,
che il vuoto è il pieno e il sereno
è la più diffusa delle nubi.
Così meglio intendo il tuo lungo viaggio
imprigionata tra le bende e i gessi.
Eppure non mi dà riposo
sapere che in uno o in due noi siamo una cosa sola.
--------------------------------------------
da "Satura" (1962-1970), Xenia II
- 5 -
Ho sceso, dandoti il braccio
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
E ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
Le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
Non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
Le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
---------------------------------------------
venerdì 6 ottobre 2017
Questioni che emergono dall'attualità
Due grosse crisi stanno emergendo nell'attualità: il tentativo della Catalogna di ottenere l'indipendenza, le provocazioni della Corea del Nord agli Stati Uniti.
Ad esse uniamo la prossima consultazione in Lombardia per l'autonomia amministrativa in alcuni settori.
Quali domande abbiamo rispetto a questi eventi?
Questione Catalana:
- Perché la popolazione della Catalogna vuole l'indipendenza dalla Spagna?
- Quali vantaggi e svantaggi otterrebbe la Catalogna con l'indipendenza?
- Se la Catalogna ottenesse l'indipendenza, come verrebbe considerata dall'UE?
- Perché la polizia spagnola ha cercato di impedire alle persone di andare a votare il 1 ottobre?
- Perché gli studenti catalani hanno manifestato in modo così acceso? Che ruolo hanno?
- Se la Catalogna ottenesse l'indipendenza, che cosa accadrebbe alla squadra del Barcellona?sco
Questione Corea del Nord:
- Quali sono le ragioni di questa crisi?
- In caso scoppiasse una guerra, coinvolgerebbe anche l'Italia?
- Se scoppiasse una guerra, la NATO sarebbe coinvolta?
- Perché gli Stati Uniti ritengono la minaccia della Corea così grave quando sono una potenza militare di prima grandezza.
- Se in una ipotetica guerra vincesse la Corea, cosa succederebbe?
- Possiamo fidarci delle informazioni riportate dai media occidentali?
- Cosa succede se uno dei contendenti utilizza armi nucleari?
Questione del referendum della Lombardia del 22 ottobre
- Il referendum è uno strumento adeguato per conoscere le intenzioni della popolazione lombarda?
- Che tipo di indipendenza chiede la Lombardia e per quale motivo?
Corea del Nord
Storia: https://www.focus.it/cultura/storia/storia-della-corea-del-nord-e-della-corea-del-sud
Quindici curiosità sulla Corea del Nord: https://www.focus.it/cultura/curiosita/curiosita-corea-del-nord
Rivista Limes http://www.limesonline.com/
Corea del Nord
Storia: https://www.focus.it/cultura/storia/storia-della-corea-del-nord-e-della-corea-del-sud
Quindici curiosità sulla Corea del Nord: https://www.focus.it/cultura/curiosita/curiosita-corea-del-nord
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lunedì 2 ottobre 2017
15. La fine della repubblica
Video: Età di Cesare e Pompeo - Frezzotti
15.1 La crisi del
senato e l’ascesa di Pompeo
Il Senato è incapace a
risolvere i problemi interni ed esterni di Roma e deve assecondare le pressioni
di diversi uomini politici ascesi grazie ad abilità, denaro, spregiudicatezza.
Pompeo ottiene fama e gloria
fermando rivolta in Etruria, domando rivolta di Sertorio in Lusitania e
partecipando alla campagna vittoriosa contro i rivoltosi di Spartaco. Crasso
sconfigge nel 71 i ribelli di Spartaco.
70 Pompeo e Crasso fanno
pressioni e strappano al Senato la nomina a consoli. Pompeo ne approfitta per
smantellare la costituzione sillana (favori ai cavalieri, restaurazione dei
tribuni, epurazione senato).
Al termine del consolato
Pompeo ottiene due volte i pieni poteri, per combattere i pirati e Mitridate.
Ormai gode di un prestigio elevatissimo.
Pompeo al potere: la
resistenza di Sertorio: mentre il Senato (chiuso nella difesa dei propri interessi)
è incapace di agire e
risolvere i molteplici problemi, emergono personaggi abili e ambiziosi che
ottengono successo grazie alle loro imprese o l’abilità politica o le ricchezze.
Pompeo, sillano, dopo aver fermato la rivolta di Lepido in Etruria (Lepido, sosteneva proteste dei proprietari contro la distribuzione loro terre ai veterani), si recò in Lusitania a domare la rivolta di Sertorio (seguace di Mario fuggito in Iberia e a capo di rivolta per indipendenza nell ‘80). Pompeo doma a fatica la rivolta (76-72) che ricorre alla guerriglia. Tornando a Roma in Etruria batte i fuggitivi della rivolta di Spartaco.
Pompeo, sillano, dopo aver fermato la rivolta di Lepido in Etruria (Lepido, sosteneva proteste dei proprietari contro la distribuzione loro terre ai veterani), si recò in Lusitania a domare la rivolta di Sertorio (seguace di Mario fuggito in Iberia e a capo di rivolta per indipendenza nell ‘80). Pompeo doma a fatica la rivolta (76-72) che ricorre alla guerriglia. Tornando a Roma in Etruria batte i fuggitivi della rivolta di Spartaco.
Spartaco e la rivolta
degli schiavi: Crasso,
luogotenente di Silla, arricchitosi con le proscrizioni, deve affrontare la rivolta di
Spartaco. Questi, schiavo della Tracia, a Capua aveva messo in atto un
piano per librare altri schiavi e tornare oltre le Alpi nella propria terra. La
fuga aveva avuto un imprevisto seguito (150.000) che alcuni delinquenti avevano
indirizzato a razziare il Sud. La loro forza e organizzazione aveva richiesto a
Roma l’invio di 8 legioni guidate da Crasso. Per punizione i 6000 schiavi
sopravvissuti vengono crocifissi sulla Appia.
L’alleanza di Pompeo
e Crasso e la revisione della costituzione sillana: Pompeo giunge a Roma
godendo di grande popolarità, si allea con i populares (promettendo di riformare in senso democratico
la costituzione sillana) e fa pressioni sul Senato per ottenere il consolato, non volendo
seguire il cursus honorum prescritto da Silla. Il Senato, sotto le pressioni
di Pompeo e Crasso accampati con le legioni fuori Roma e dei populares
a Roma, li nomina consoli
nel 70.
Pompeo smantella la costituzione sillana:
- Leggi a favore dei cavalieri: 1) riserva ai cavalieri la gestione dei tribunali per concussione; 2) riconcede appalto delle province asiatiche;
- Leggi per i tribuni della plebe: 3) Restituito diritto di veto e intercessio; 4) tolto divieto per ex tribuni della plebe di accedere alle magistrature.
- Intervento per limitare corruzione: 5) Nomina nuovi censori che espellono 84 senatori per indegnità.
In quel tempo l’alta corruzione nella politica viene mostrata dallo scandalo di Verre, pretore processato sotto il consolato di Pompeo e Crasso, per abusi commessi nell’amministrazione della Sicilia. Nel processo i pretori ostacolano la giustizia per difendere Verre, ma Cicerone dimostra la loro colpevolezza e Verre subisce condanna e forte multa.
Pompeo smantella la costituzione sillana:
- Leggi a favore dei cavalieri: 1) riserva ai cavalieri la gestione dei tribunali per concussione; 2) riconcede appalto delle province asiatiche;
- Leggi per i tribuni della plebe: 3) Restituito diritto di veto e intercessio; 4) tolto divieto per ex tribuni della plebe di accedere alle magistrature.
- Intervento per limitare corruzione: 5) Nomina nuovi censori che espellono 84 senatori per indegnità.
In quel tempo l’alta corruzione nella politica viene mostrata dallo scandalo di Verre, pretore processato sotto il consolato di Pompeo e Crasso, per abusi commessi nell’amministrazione della Sicilia. Nel processo i pretori ostacolano la giustizia per difendere Verre, ma Cicerone dimostra la loro colpevolezza e Verre subisce condanna e forte multa.
Pompeo contro i
pirati e contro Mitridate: Alla fine del consolato Pompeo non si reca ad
amministrare una provincia, ma rimane a Roma per perseguire il proprio progetto politico.
Nel 67 ottiene poteri straordinari per combattere i pirati: I pirati infestavano il Mediterraneo ed erano giunti a razziare con intere flotte i commerci romani fino a causare carestie a Roma. Quando il tribuno Gabinio propone tre anni di poteri straordinari per Pompeo (lex de piratis persequandis: potere militare su flotta ed esercito) il senato viene obbligato ad accettare per le pressioni del popolo che temeva carestie. Pompeo in tre mesi riapre le rotte.
Nel 66 ottiene nuovamente i pieni poteri con la lex Manilia (del tribuno Manilio) per sconfiggere Mitridate che dal 75 aveva invasola Cappadocia e la Bitinia (protettorati
romani) e il comandante Lucullo non riusciva a contrastare. Lucullo inoltre era
inviso ai cavalieri perché in Asia aveva emesso editti per limitare l’avidità
dei riscossori delle tasse. Mitridate
viene sconfitto nel 63 (abbandonato dall’alleato re d’Armenia Tigrane,
tradito dal figlio): Il dominio romano era così esteso all’oriente ellenistico.
Nel 67 ottiene poteri straordinari per combattere i pirati: I pirati infestavano il Mediterraneo ed erano giunti a razziare con intere flotte i commerci romani fino a causare carestie a Roma. Quando il tribuno Gabinio propone tre anni di poteri straordinari per Pompeo (lex de piratis persequandis: potere militare su flotta ed esercito) il senato viene obbligato ad accettare per le pressioni del popolo che temeva carestie. Pompeo in tre mesi riapre le rotte.
Nel 66 ottiene nuovamente i pieni poteri con la lex Manilia (del tribuno Manilio) per sconfiggere Mitridate che dal 75 aveva invaso
Al rientro in Italia nel 62 i più si aspettano che instauri un principato,
invece chiede solo al senato la ratifica dei provvedimenti presi e la
distribuzione delle terre ai veterani.
15.2 Lo scontro tra popolari e ottimati
Cicerone e Catone; Crasso, Cesare e Catilina: A Roma si era inasprito lo scontro tra Ottimati e Popolari e erano emersi personaggi significativi:
Ottimati: difendevano il potere di poche famiglie tradizionali. L’aristocratico Catone esprimeva le idee più conservatrici; Cicerone, pur essendo homo novus e denunciando la corruzione aristocratica, riteneva che solo gli ottimati fossero in grado di difendere le istituzioni repubblicane.
Populares: Crasso, uomo estremamente arricchito ma non politicamente abile, che finanziava Cesare, di nobile famiglia (Iulii, da Iulo figlio di Enea), nato nel 100, nipote di Caio Mario; Lucio Sergio Catilina, dei popolari, ma di origine nobile, aveva subito un’accusa di concussione per il suo governo dell’Africa e, per quanto assolto, non aveva potuto candidarsi come console nel 65. Battuto poi nel 64 da Cicerone, si preseta nel 63, ma le sue promesse demagogiche (cancellazione generale dei debiti) gli procurò l’ostilità di tutte le classi agiate e la perdita del sostegno di Cesare e Crasso. Ordisce allora una congiura sventata dall’intervento di Cicerone (famose le sue orazioni in senato). Catilina deve lasciare Roma e ritirarsi a Fiesole dove lo attende un proprio esercito. I congiurati a Roma tentano comunque l’insurrezione, ma vengono fermati e condannati (senza poter ricorrere all’appello al popolo). Nel 62 Catilina e il suo esercito viene sconfitto a Pistoia, dove muore valorosamente lo stesso Catilina.
15.3 L’ascesa di Cesare
Il consolato di Cesare e la spedizione gallica: Ottenuto il consolato, Cesare:
A) onorò gli impegni e fece approvare le leggi di distribuzione delle terre ai veterani e di riduzione dei canoni che i pubblicani delle province orientali pagavano allo Stato (gran vantaggi per i cavalieri a cui apparteneva Crasso).
B) Impose al Senato altri provvedimenti: 1) Distribuzione di piccoli appezzamenti di terra alla plebe, acquistati con fondi dello Stato e non confiscate ai proprietari; 2) Maggiore responsabilità fiscale amministratori province; 3) Obbligo pubblicazione verbali sedute del Senato; 4) Abolizione pratica di prendere auspici prima di assemblee legislative.
C) Inoltre si assicurò il proconsolato della Gallia Cisalpina e dell’Illirico (ottenne poi anchela Gallia Narbonese ,
più turbolenta) per 5 anni (facendo valere il pericolo, ottenne 4 legioni).
D) Prima di lasciare Roma allontanò i suoi nemici più diretti: Catone ebbe il possesso di Cipro, donata dall’Egitto; Cicerone fu condannato all’esilio dal tribuno Publio Clodio, per aver fatto giustiziare i congiurati di Catilina, senza concedere appello (contro la legge).
In Gallia Cesare intervenne in aiuto degli Edui (minacciati dagli Elvezi, spinti da Svevi e Sequani), batté gli Elvezi (a Bibracte), affrontò poi Ariovisto re dei Germani, sconfisse una coalizione antiromana guidata dai Belgi. Nel 57 aveva conquistatola Gallia
centrale e del Nord, fino alla Manica.
Il secondo accordo di Lucca e la spartizione dei poteri: A Roma i popolari guidati da Clodio erano contrastati dalle bande di un certo Milone, funzionale alla lotta degli aristocratici. Pompeo intanto temendo l’ascesa di Cesare si riavvicinava all’oligarchia senatoria e premeva perché richiamassero Cicerone.
Cesare allora tornò in Italia e a Lucca per dare stabilità ai suoi disegni ripropose un “secondo triumvirato”: a Cesarea altri 5 anni in Gallia, a Pompeo e Crasso il consolato nel 55 e poi il proconsolato di Spagna e Oriente.
Questo però non impedì a Pompeo di avvicinarsi all’oligarchia senatoria e proporsi come difensore delle istituzioni. Nel 53 Crasso morì contro i Parti in Mesopotamia, nel 52 Clodio fu ucciso dalle bande di Milone, Pompeo fu nominato console senza collega e dispose di un esercito istituito dal Senato per controllare la città.
15.2 Lo scontro tra popolari e ottimati
A Roma si inasprisce il
contrasto tra Ottimati e Popolari, rappresentati da uomini influenti:
Cicerone e Catone degli Ottimati
Crasso, Cesare e Catilina dei Popolari: Catilina avendo perso il consolato per tre volte ordisce una congiura che viene sventata.
Cicerone e Catone degli Ottimati
Crasso, Cesare e Catilina dei Popolari: Catilina avendo perso il consolato per tre volte ordisce una congiura che viene sventata.
Cicerone e Catone; Crasso, Cesare e Catilina: A Roma si era inasprito lo scontro tra Ottimati e Popolari e erano emersi personaggi significativi:
Ottimati: difendevano il potere di poche famiglie tradizionali. L’aristocratico Catone esprimeva le idee più conservatrici; Cicerone, pur essendo homo novus e denunciando la corruzione aristocratica, riteneva che solo gli ottimati fossero in grado di difendere le istituzioni repubblicane.
Populares: Crasso, uomo estremamente arricchito ma non politicamente abile, che finanziava Cesare, di nobile famiglia (Iulii, da Iulo figlio di Enea), nato nel 100, nipote di Caio Mario; Lucio Sergio Catilina, dei popolari, ma di origine nobile, aveva subito un’accusa di concussione per il suo governo dell’Africa e, per quanto assolto, non aveva potuto candidarsi come console nel 65. Battuto poi nel 64 da Cicerone, si preseta nel 63, ma le sue promesse demagogiche (cancellazione generale dei debiti) gli procurò l’ostilità di tutte le classi agiate e la perdita del sostegno di Cesare e Crasso. Ordisce allora una congiura sventata dall’intervento di Cicerone (famose le sue orazioni in senato). Catilina deve lasciare Roma e ritirarsi a Fiesole dove lo attende un proprio esercito. I congiurati a Roma tentano comunque l’insurrezione, ma vengono fermati e condannati (senza poter ricorrere all’appello al popolo). Nel 62 Catilina e il suo esercito viene sconfitto a Pistoia, dove muore valorosamente lo stesso Catilina.
15.3 L’ascesa di Cesare
Nel 60 Cesare ottiene
l’appoggio alla sua ascesa a console tramite un patto (primo triumvirato) con
Pompeo e Crasso.
Da Console, tenuto fede ai patti, elimina le figure a lui ostili a Roma e si fa nominare proconsole in Gallia, da dove inizia una guerra di conquista.
A Roma Pompeo, temendo il crescente prestigio di Cesare, torna ad appoggiare il Senato, nonostante Cesare cerchi di mantenere salda l’alleanza con un secondo triumvirato (56). Il Senato istituisce un esercito di protezione della città.
Intanto Cesare completa la conquista della Gallia.
Da Console, tenuto fede ai patti, elimina le figure a lui ostili a Roma e si fa nominare proconsole in Gallia, da dove inizia una guerra di conquista.
A Roma Pompeo, temendo il crescente prestigio di Cesare, torna ad appoggiare il Senato, nonostante Cesare cerchi di mantenere salda l’alleanza con un secondo triumvirato (56). Il Senato istituisce un esercito di protezione della città.
Intanto Cesare completa la conquista della Gallia.
Il primo triumvirato:
Cesare sfrutta il momento per ottenere l’appoggio di Pompeo e (60 a .C.) sigla con lui e
Crasso un accordo privato, l’ “accordo di Lucca” noto come “primo triumvirato”: Pompeo appoggia la candidatura
di Cesare al consolato per il 59, Cesare sostiene la ratifica dei provvedimenti
presi in Asia da Pompeo (che il Senato non voleva dare), Crasso raccoglie
consensi tra classe finanziaria alla distribuzione di terre ai veterani
voluta da Pompeo. Tornato dalla campagna in Spagna, Cesare per la sua ascesa
aveva bisogno dell’appoggio di Crasso (già gli aveva saldato i debiti prima
della campagna) e di un altro influente personaggio che trovò in Pompeo (in
quel momento ostacolato dal Senato).
Il consolato di Cesare e la spedizione gallica: Ottenuto il consolato, Cesare:
A) onorò gli impegni e fece approvare le leggi di distribuzione delle terre ai veterani e di riduzione dei canoni che i pubblicani delle province orientali pagavano allo Stato (gran vantaggi per i cavalieri a cui apparteneva Crasso).
B) Impose al Senato altri provvedimenti: 1) Distribuzione di piccoli appezzamenti di terra alla plebe, acquistati con fondi dello Stato e non confiscate ai proprietari; 2) Maggiore responsabilità fiscale amministratori province; 3) Obbligo pubblicazione verbali sedute del Senato; 4) Abolizione pratica di prendere auspici prima di assemblee legislative.
C) Inoltre si assicurò il proconsolato della Gallia Cisalpina e dell’Illirico (ottenne poi anche
D) Prima di lasciare Roma allontanò i suoi nemici più diretti: Catone ebbe il possesso di Cipro, donata dall’Egitto; Cicerone fu condannato all’esilio dal tribuno Publio Clodio, per aver fatto giustiziare i congiurati di Catilina, senza concedere appello (contro la legge).
In Gallia Cesare intervenne in aiuto degli Edui (minacciati dagli Elvezi, spinti da Svevi e Sequani), batté gli Elvezi (a Bibracte), affrontò poi Ariovisto re dei Germani, sconfisse una coalizione antiromana guidata dai Belgi. Nel 57 aveva conquistato
Il secondo accordo di Lucca e la spartizione dei poteri: A Roma i popolari guidati da Clodio erano contrastati dalle bande di un certo Milone, funzionale alla lotta degli aristocratici. Pompeo intanto temendo l’ascesa di Cesare si riavvicinava all’oligarchia senatoria e premeva perché richiamassero Cicerone.
Cesare allora tornò in Italia e a Lucca per dare stabilità ai suoi disegni ripropose un “secondo triumvirato”: a Cesarea altri 5 anni in Gallia, a Pompeo e Crasso il consolato nel 55 e poi il proconsolato di Spagna e Oriente.
Questo però non impedì a Pompeo di avvicinarsi all’oligarchia senatoria e proporsi come difensore delle istituzioni. Nel 53 Crasso morì contro i Parti in Mesopotamia, nel 52 Clodio fu ucciso dalle bande di Milone, Pompeo fu nominato console senza collega e dispose di un esercito istituito dal Senato per controllare la città.
La conquista della
Gallia: Cesare tornato in Gallia si spinse prima (53) oltre la Manica fino al Tamigi, poi tornò per
affrontare la minaccia di Vercingetorige,
capo degli Averni. Dopo due anni di combattimenti riuscì a sconfiggerlo ad
Alesia: la Gallia
venne incorporata nel mondo romano e iniziò la sua assimilazione al mondo
latino.
15.4 La seconda
guerra civile (49-45 a .C.)
Cesare varca il Rubicone e
scende a Roma con l’esercito, mettendo in fuga Pompeo che lo aveva avversato
duramente. Sconfitte le legioni pompeiane in Spagna, sbarca in Asia Minore e
batte Pompeo a Farsalo, e successivamente lo insegue in Egitto.
A Roma Cesare è dittatore a vita, imperator, inviolabile. Attua riforme cercando di dare equilibrio e giustizia: estende cittadinanza a Galli cispadani, sviluppa attività, controlla l’amministrazione delle province, la distribuzione del grano, la determinazione dei tributi, il grado di occupazione.
A Roma Cesare è dittatore a vita, imperator, inviolabile. Attua riforme cercando di dare equilibrio e giustizia: estende cittadinanza a Galli cispadani, sviluppa attività, controlla l’amministrazione delle province, la distribuzione del grano, la determinazione dei tributi, il grado di occupazione.
Alea iacta est:
Forte del suo successo, Cesare voleva richiedere il consolato, ma su consiglio di Pompeo
il Senato chiese che il candidato fosse personalmente a Roma, lasciando
le legioni e si rifiutò di sciogliere l’esercito di Pompeo.
Il 10 gen 49 Cesare varcò il limite del Rubicone (pronuncia la fatidica frase) dando inizio alla guerra civile e giunse a Roma senza incontrare ostacoli. Pompeo fuggì in Macedonia dove pensava di reclutare un esercito.
Cesare prima sconfisse le legioni (pompeiane) stanziate in penisola Iberica. Poi andò in Asia r sconfisse Pompeo a Farsalo (48) in Tessaglia. Pompeo fuggì in Egitto presso Tolomeo XIII che però lo fece uccidere. Cesare però eliminò Tolomeo XIII e incoronò a regina la sorella Cleopatra di cui si era innamorato.
Dovette poi andare in Asia Minore, dove nel Ponto, Farnace si era ribellato. Sbarcato poi in Africa sconfisse e uccise i pompeiani superstiti (si uccise Catone). Terminò nel 45.
Il 10 gen 49 Cesare varcò il limite del Rubicone (pronuncia la fatidica frase) dando inizio alla guerra civile e giunse a Roma senza incontrare ostacoli. Pompeo fuggì in Macedonia dove pensava di reclutare un esercito.
Cesare prima sconfisse le legioni (pompeiane) stanziate in penisola Iberica. Poi andò in Asia r sconfisse Pompeo a Farsalo (48) in Tessaglia. Pompeo fuggì in Egitto presso Tolomeo XIII che però lo fece uccidere. Cesare però eliminò Tolomeo XIII e incoronò a regina la sorella Cleopatra di cui si era innamorato.
Dovette poi andare in Asia Minore, dove nel Ponto, Farnace si era ribellato. Sbarcato poi in Africa sconfisse e uccise i pompeiani superstiti (si uccise Catone). Terminò nel 45.
Il governo di Cesare:
Cesare non abusò del potere, ma concentratolo su di sé attuò delle
riforme:
- Propria divinizzazione: pontifex maximus (già dal 63), imperator, pater patriae, dittatore a vita, sacrosanctus (inviolabilità tribunizia). Nel senato sedeva su seggio dorato. A lui venne dedicato il 5° mese dell’anno. Nei templi mise statue con sua figura, fece stampare monete con effige.
- Riappacificazione e riforme: rientro degli esiliati, cittadinanza alla Gallia Cisalpina, leggi di sviluppo agricoltura, artigianato e commercio.
- Governo province: controllo governatori, determinazione precisa dei tributi (per impedire abusi dei pubblicani)
- Per Roma: razionalizzazione distribuzione del grano, dimezzamento beneficiari, contrasto alla disoccupazione con opere pubbliche (sistemazione Foro, argini Tevere, prosciugamento paludi Pontine). Nuove colonie fuori Roma
- Propria divinizzazione: pontifex maximus (già dal 63), imperator, pater patriae, dittatore a vita, sacrosanctus (inviolabilità tribunizia). Nel senato sedeva su seggio dorato. A lui venne dedicato il 5° mese dell’anno. Nei templi mise statue con sua figura, fece stampare monete con effige.
- Riappacificazione e riforme: rientro degli esiliati, cittadinanza alla Gallia Cisalpina, leggi di sviluppo agricoltura, artigianato e commercio.
- Governo province: controllo governatori, determinazione precisa dei tributi (per impedire abusi dei pubblicani)
- Per Roma: razionalizzazione distribuzione del grano, dimezzamento beneficiari, contrasto alla disoccupazione con opere pubbliche (sistemazione Foro, argini Tevere, prosciugamento paludi Pontine). Nuove colonie fuori Roma
15.5 La morte di
Cesare: lo scontro fra Antonio e Ottaviano
Il 15 marzo 44 Cesare muore
nella congiura del Senato, perché gli aristocratici vedono in lui un possibile
monarca assoluto e un affossatore della libertà repubblicana.
I conservatori non riescono
a restaurare la Repubblica ,
per le pressioni di Antonio (a cui rimane fedele l’esercito) e quelle della
folla (adorante verso Cesare, da cui aveva ottenuto doni in eredità, e ostile
ai congiuranti).
Ottaviano guadagna i favori
del popolo, dei soldati, e si fa preferire dall’aristocrazia allarmata dalle
imposizioni di Antonio.
Ottaviano si allontana dai
senatori e si riavvicina ad Antonio con cui, insieme a Lepido, stringe nel 43
il “secondo triumvirato”.
Tra Ottaviano e Antonio però
il clima si deteriora. Antonio dall’Egitto alimenta sogni di grandezza, mentre
Ottaviano a Roma lo presenta come un traditore.
La congiura contro
Cesare: Alle idi di
marzo del 44 a .C.
(15 marzo) Cesare viene ucciso in Senato da congiurati, capeggiati dal figlio adottivo Bruto e
da Cassio. L’azione è motivata dall’odio degli aristocratici: per quanto Cesare
non avesse toccato le loro proprietà e assicurato stabilità e efficienza
all’amministrazione, alcuni non gli perdonavano di aver ridotto la libertà repubblicana, altri
temevano la trasformazione del potere in un assolutismo di stampo orientale (fomentato da
Cleopatra).
Antonio e l’eredità
di Cesare: Antonio, console e fedele a Cesare, sfruttò la fedeltà che
l’esercito mantenne e sigla un accordo con il Senato: solenni funerali di Cesare e il
mantenimento dell’assetto costituzionale, in cambio del risparmio dei
congiurati. Il Senato non
fu quindi in grado di riaffermare il potere repubblicano. Due fatti però
ruppero questo equilibrio: l’apertura del testamento di Cesare che rivelò come erede designato il giovane pronipote
Ottaviano (e non Antonio) e la donazione di 300 sesterzi a ogni membro
del proletariato e ogni legionario che alimentarono una forte ostilità verso i
congiurati. Essi dovettero fuggire nelle province.
Le prime mosse di
Ottaviano: Ottaviano seppe muoversi abilmente, conquistando i favori della plebe e dei cesariani, ma anche
proponendosi agli
aristocratici come un moderato, capace di arrestare le ambizioni di
Antonio. Tornato dall’Epiro dove si trovava pagò personalmente le somme
destinate da Cesare al popolo e ai soldati, perché Antonio aveva rifiutato di
consegnare i beni di Cesare. Antonio nel frattempo avuto l’incarico di
amministrare una regione lontana, si era fatto una legge ad personam per
permutarla con la vicina Gallia Cisalpina, attirando le inimicizie dei
difensori dell’ordine e del diritto (tra cui Cicerone che si scagliò contro di
lui con le “Filippiche”). L’esercito di Antonio inviato in Gallia per sottrarre
la provincia a Decimo Bruto che non accettava la permuta, fu raggiunto da
quello consolare e quello di Ottaviano e sconfitto a Modena (43). Antonio si
rifugiò nella Gallia Narbonese dell’amico Lepido.
L’accordo con Antonio
e il secondo triumvirato: Senato e Ottaviano si allontanarono e inimicarono (il Senato
negò il consolato a Ottaviano e difese i cesaricidi). Per questo Ottaviano
strinse un’alleanza con Antonio, si recò a Roma e si fece eleggere console dai
comizi da lui convocati, revocando l’amnistia ai cesaricidi. Sempre nel 43
a Bologna formò l’accordo detto “secondo triumvirato” con Antonio e Lepido.
L’intesa divenne pubblica (al contrario del primo), approvata dai comizi:
prevedeva la punizione dei cesaricidi e dei loro sostenitori, la creazione di
una nuova costituzione. I triumviri ricoprivano una magistratura straordinaria.
La battaglia di
Filippi e il tracollo degli anticesariani: (sintesi) Gli anticesariani
vengono puniti dalle liste di proscrizione (in realtà strumento per facili e
ingiusti arricchimenti), che portano alla morte anche di Cicerone. Ottaviano e
Antonio a Filippi in Macedonia nel 42 sconfiggono Bruto e Cassio (che avevano
80.000 soldati) e i due si suicidano.
Dalla guerra di
Perugia al patto di Brindisi: (sintesi). Ottaviano si allontana da Antonio
che è in Egitto e non sa fermare una ribellione montata dalla moglie e dal
fratello. Ottaviano batte i ribelli a Perugia. A Brindisi nel 40 Ottaviano e
Antonio stringono un nuovo patto di spartizione delle province e suggellano con
matrimoni diplomatici.
mappa concettuale
mappa concettuale
Antonio in Egitto e
Ottaviano a Roma: (sintesi) Antonio che amministra la parte orientale del
dominio romano sta in Egitto e alimenta il proprio sogno di una monarchia
orientale, alimentato da Cleopatra. Ottaviano promuove l’immagine di Antonio
traditore dello stato e di lui difensore di stato e valori famigliari.
15.6 Il trionfo di Ottaviano e la fine della Repubblica romana
Antonio nemico della
patria: Ottaviano riuscì abilmente a far dichiarare dal Senato (32) Antonio nemico della patria (dando lettura
del suo testamento con cui destinava l’Oriente ai due figli avuti con
Cleopatra). Ottaviano fu incaricato di muovergli guerra.
Ottaviano però dichiarò guerra a Cleopatra e all’Egitto (visto che era scaduto il mandato di Antonio), facendo passare la guerra come una difesa della civiltà romana dal dispotismo orientale e non una guerra civile. L’esercito egiziano fu però guidato da Antonio e formato da tutte le truppe romane d’Oriente (500 navi, 100.000 fanti, 12.000 cavalieri)
Ottaviano però dichiarò guerra a Cleopatra e all’Egitto (visto che era scaduto il mandato di Antonio), facendo passare la guerra come una difesa della civiltà romana dal dispotismo orientale e non una guerra civile. L’esercito egiziano fu però guidato da Antonio e formato da tutte le truppe romane d’Oriente (500 navi, 100.000 fanti, 12.000 cavalieri)
La battaglia di Azio:
2 set 31 presso il
promontorio di Azio Antonio subì una durissima sconfitta navale.
Cleopatra fuggì con Antonio, ma nel 30 il loro esercito fu sconfitto ad
Alessandria (Antonio si suicidò, credendo erroneamente morta Cleopatra e allora
Cleopatra per non cadere prigioniera si uccise).
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